@adriAMB
Capisco la direzione che sta intraprendendo il mondo, ma tornerà indietro perché non è quella giusta.
Sinceramente Adri non voglio fare un'analisi sociale o sui contenuti o su come oggi sia ridotto il significato dei messaggi.
Posso farti un esempio pratico: fissa una cipolla e analizza ciò che vedi.
Spogliala e prendi il primo strato.
Ecco, possiamo dire che oggi i significati si fermano al primo strato.
Questo sistema naturalmente imploderà , perché alla fine tutto si ripristina.
Detto ciò voglio raccontare questa cosa di me, perché il mio mondo è l'unico che conosco così bene e che può farvi avvicinare a quella che è la mia concezione di sport.
Ogni volta che andavo a casa di mia nonna, lassù ormai da 10 anni, andavo nella vecchia stanza di madre e in una vetrina c'erano un centinaio di coppe tutte vinte da mio zio, che da adolescente ha praticato ciclismo vincendo tantissime corse. Era un velocista ed era una giovane promessa del ciclismo su strada. Parliamo di anni '70. Poi ha intrapreso la carriera sotto le armi e ora è Maresciallo.
Quando avevo 4-5 anni, forse anche meno, la nonna mi metteva in braccio e mi faceva vedere il Giro e il ciclismo in generale. Ora devo un attimo fare un flashback su dei racconti degli anni '30, di quando lei aveva 5-6 anni. Lei fondamentalmente aveva la passione del ciclismo perché da piccolissima andava in campagna ad aiutare i miei bisnonni e con i primi soldi comprò l'unico mezzo che ci si poteva permettere all'epoca: la bicicletta.
Passione dunque trasmessa ai figli e di conseguenza ai nipoti a cui era più legata.
Guardavo le salite, le facce dei corridori e la fatica, con il sudore che infrangeva le rughe accartocciate sulle fronti. E con questo spirito ho scoperto la Formula 1, di cui registravo tutte le gare e le rivedevo tutti i pomeriggi. Il calcio l'ho scoperto un po' tardi come ossessione, sebbene sia stato portato allo stadio quando avevo 6 anni. E poi mi sono rapportato al basket.
Non mi sentivo di fare sacrifici, mi piaceva tantissimo sudare, correre, migliorare, fare punti, imparare nuove tattiche e restare di più anche oltre l'orario. Ero il più piccolo della prima squadra e dovevo mettere i palloni a posto. Lo facevo, però prima di lasciare il campo ne lasciavo uno fuori. Facevo il giro delle 5 posizioni. Andata e ritorno. Sai, quando sai di essere indietro rispetto agli altri, chissenefrega se ti fanno male gambe e braccia. Ciò che contava e che se mai fossi stato chiamato a giocare dovevo essere utile alla squadra.
Poi però il calcio ha preso il sopravvento
È una parte importante della mia vita il calcio.
Poi sono arrivato a scrivere di calcio sudamericano anche ad alti livelli. E scrivendo di calcio sudamericano ho capito una cosa: che lo sport non ha lingue diverse, ne parla una ed è uguale in tutto il mondo.
Adri capisco quando parli di spettacolarizzazione, ma come puoi notare la storia non è lo sport, la storia è la mia.
Le storie le fanno le persone, perché lo sport è sudare, correre, migliorare e imparare.
Quando tu parli di Survive della F1 c'è il retroscena e questo modo di raccontare lo faceva SFIDE già trent'anni fa.
Non è una novità da questo punto di vista.
Lo sport non può diventare la storia, chi ci prova sarà sputato fuori come una tripla di Basile nella finale delle Olimpiadi del 2004.
Lasciamo lo sport fuori da questo mondo fatto da strati di cipolla buttati qua e la senza alcun legame.
E se crediamo che il mondo stia andando fuori strada, non basta analizzare e accettare la situazione. Se il mondo sta andando fuori dai binari e vuole contaminare l'unica cosa che ci rende uguali in tutto il pianeta, è giusto che resistiamo, riprendendoci l'unica lingua uguale per tutti.