spacer
     

08/04/20 - Totò Lopez: "Serviva altro oltre Antenucci"

Le ultime news, prese da fonti ufficiali quali siti (non blog) giornali o tv riguardanti il Bari e tutto sul calciomercato: acquisti, cessioni, o semplici interessamenti. Il formato di un nuovo argomento deve essere del tipo GG/MM/AA - TITOLO.

Moderatore: Pino

U.C.N. PALO

Avatar utente
Fedelissimo
Fedelissimo
 
Messaggi: 22716
Iscritto il: ven mag 19, 2006 15:58
Highscores: 0

08/04/20 - Totò Lopez: "Serviva altro oltre Antenucci"

Messaggioda U.C.N. PALO » mer apr 08, 2020 11:39


Immagine

“Non so se vinceremo, ma so per certo che non ci daremo mai per vinti’una massima di uno dei più grandi tecnici in circolazione del panorama europeo, che ha giocato anche in Italia, stiamo parlando di Pep Guardiola, tecnico del Manchester City. Un’affermazione calzante per questo periodo storico che stiamo vivendo e non sappiamo quando ed in quale modo se ne potrà uscire. Abbiamo intervistato, questa volta, Antonio detto Totò Lopez, proprio per non dimenticare la memoria di chi nel calcio ha lasciato un segno ed in particolare modo al Bari che risalì con mister Bruno Bolchi dalla ‘C’ alla ‘A’, con l’ex calciatore oggi anche opinionista televisivo, abbiamo sentito alcune storie, forse inedite o mai raccontate del tutto, sul suo passato in biancoceleste, ma partendo dai suoi esordi, da chi l’ha scoperto fino al presente e futuro, in cui l’ex calciatore ha ricordato e menzionato una bandiera come Giovanni Loseto e detto soddisfatto dello sviluppo del progetto divenuto realtà del ‘Museo del Bari’. Cresciuto nelle giovanili del Bari, squadra che poi ha esordito in Prima Squadra, ha vestito anche le maglie del Pescara, della Lazio per cinque stagioni, del Palermo, il ritorno eccellente e da capitano a Bari, ed ha chiuso la carriera a Taranto. Per un anno ha avuto un ruolo tecnico da osservatore nella Lazio di Lotito ed ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore del circolo tennis del Coni presso lo stadio del tennis di Roma.

Come sei arrivato a giocare nel Bari e chi è stato il talent scout di Totò Lopez, raccontaci.

“Toto Lopez nasce in strada, da quando ero piccolo vivevo per il calcio, meglio ancora per il pallone. Prima di arrivare al Bari, il mio campo era la strada. Vi svelo che ero ragazzino e la disperazione di mia madre perché stavo sempre fuori in strada a giocare a calcio. Vicino l’università barese e la posta ubicata nel centro cittadino, ci ritrovavamo con i miei compagni di allora ed andavamo a giocare in un campetto ‘adattato’ tutto in cemento. La domenica, facevamo tornei e venivano diversi osservatori. Uno su tutti, che aveva conoscenza nella società del Bari, lui si chiamava Ciccill la Guardia, conosceva i miei genitori commercianti, e mi disse avessi voluto fare un provino nel Bari. Cosi che iniziai la trafila ed a 13 anni, vivevo già il mio sogno perché giocavo nelle fila del Bari. La sede di allora del Bari, era in Piazza Aldo Moro, c’era il presidente De Palo, ma anche un gran signor segretario (dal 1960 fino agli anni Novanta) generale, rag. Filippo Nitti ed altri dirigenti, li divenni ufficialmente dell’A.S. Bari. Vi svelo però un retroscena che non tutti conoscono: verso il finale di stagione, i tecnici delle giovanili insieme ai dirigenti, decidevano chi dovesse restare o chi cedere in prestito a titolo definitivo. Io ero nella lista, dei partenti, perché così qualcuno aveva deciso, ma io in quella partita come in altre fui determinante e feci vedere dia vere un passo diverso rispetto a qualche pari categoria. Così mister Luciano Pirazzini, che allenava la Primavera, disse al presidente questo ragazzo deve restare ed è destinato a diventare ‘un grande centrocampista’. Mister Luciano Pirazzini, allenò anche il Bari per sostituire Carlo Regalia, però fu lui fortemente a spingermi nella prima squadra allenata da mister Toneatto ed il mio esordio con gol con il Bari, il 19 dicembre 1971 allo stadio ‘Zaccheria’ di Foggia, lo devo a quel signore, lì, grazie mister Luciani Pirazzini, fu lui a rompere e ad insister con Toneatto, che vedeva più i gli anziani della squadra, a farmi esordire!â€.

Due anni di Bari, con una trentina di presenze e tre gol già sulle tue spalle, sei approdato al Pescara, inaugurando così una serie di scambi di giocatori che ci sono stati negli anni a seguire con la società abruzzese. Lì, con il tecnico Domenico, noto come Tom Rosati conquistasti anche un campionato. Il tuo ricordo.

“Tornando all’esperienza con il Bari, oltre al gol con il Foggia all’esordio segnai anche al Monza un gol vittoria e contro il Catania, solo che quel Bari nonostante avesse Lucio Mujesan, un grandissimo marcatore, un cecchino come Fara, Spini ed altri, molti evidentemente erano a fine ciclo o come si suole dire, un po’ appagati ed al termine di quella stagione, dove forse ci fosse stato quel ‘fuoco dentro’ del mio secondo Bari, avrebbe potuto dire la sua per la promozione. Con Regalia, trovai pochissimo spazio, ed io volevo giocare. Arrivò l’offerta del Pescara, penso di essere stato uno dei primi baresi, o giocatori del Bari ad essere ceduto al Pescara, perché dopo di me iniziarono una serie di scambi. A Pescara mi hanno voluto molto bene, tuttora i tifosi mi chiamano ‘Il prof’, a volermi lì fu mister Tom Rosati, un grande motivatore, arrivammo primi davanti al Lecce, per un barese fu un ulteriore soddisfazione. Con me, in quel Pescara mi seguì Pasquale per tutti ‘Ualino’ Loseto, lui che da difensore aveva fermato anche rombo di tuono Gigi Riva. A Pescara segnai ben sette gol, e fu un vero trampolino di lancio, perché feci bene anche in serie B, battendo anche la Lazio, in Coppa Italia, di Tommaso Maestrelli che quell’anno avrebbe poi vinto lo scudettoâ€.

Parlaci della tua Lazio dove hai vissuto cinque anni memorabili, non solo perché lì sei diventato uno dei registi più apprezzati di quegli anni, ma anche perché hai vissuto due tragedie che ti avranno segnato ed un’altra vicenda che ti avrà sconvolto: una relativa al tuo mentore ed allenatore, Tommaso Maestrelli, peraltro ex calciatore e tecnico del Bari, e poi di Lucano Re Cecconi, un altro campione che ha avuto una tragica fine, senza dimenticare l’altra pagina, relativa agli arresti di alcuni tuoi compagni, durante una partita di calcio. Raccontaci tutto nel dettaglio.

“Alla Lazio sono andato per volere di un grande allenatore, quello a cui sono più legato, Tommaso Maestrelli; da calciatore aveva fatto benissimo a Bari e nella Roma, ma poi era tornato anche da allenatore a Bari negli anni Sessanta. Quando ero ancora al Pescara, l’anno prima in B, giocammo contro la sua Lazio e la battemmo 2-1 in Coppa Italia, in quella partita feci un’entrata fallosa su Re Cecconi, non sanzionata dall’arbitro e lì Chinaglia insieme agli altri, si avvicinarono con fare minaccioso, soltanto con lo sguardo. Il tecnico Tom Rosati, molto diligentemente, mi tolse anticipatamente, vincemmo quella partita. L’anno dopo quando arrivò la chiamata della Lazio, non potevo rifiutare e pensai a quell’episodio, infatti al mio arrivo non ci furono i tappeti. Ma mi conquistai il rispetto dei compagni e proprio con Luciano Re Cecconi, diventammo molto amici, grazie a lui, trovai casa, che prima presi in affitto e successivamente comprai. Quella Lazio, però come al mio primo anno di Bari, nonostante ci fosse anche Giordano ed altri calciatori di spessore, era un po’ appagata dallo Scudetto, e ci ritrovammo a lottare per non retrocedere. Maestrelli, fu il primo a vedermi fortemente nel ruolo di regista, dovevo sostituire Frustalupi. Poi Maestrelli, fu sostituito da Corsini, perché iniziò la malattia (un tumore al fegato, ndr) a segnarlo e portarcelo via, ma lui tornò in panchina e grazie ai gol di Giordano e Badiani, rimontammo lo svantaggio contro il Como e per differenza reti conquistammo una salvezza che valeva in quell’anno quanto uno Scudetto. Quando arrivai alla Lazio, avevo 22 anni, ed arrivare in una squadra con lo Scudetto cucito addosso e giocare all’Olimpico valeva tantissimo. Tuttavia, non fu semplice perché nel 1980, in particolare il 23 marzo mentre eravamo a Pescara, nello stadio che avevo calcato qualche anno prima, a fine primo tempo, arrivarono due bestioni della Guardia di Finanza, e seduto in tribuna accanto a me, c’era Lionello Manfredonia, al quale chiesero documenti e li misero le manette portandoselo via. Avvennero altri quattro arresti, a Giordano, Cacciatore e Wilson. Rimasi sconvolto, allibito, anche quando perdemmo contro il Verona per 0-2 nella stessa stagione, non mi spiegavo il perché potesse avvenire una cosa del genere, ma quel ‘Totonero’ sconvolse il calcio italiano e tanti club e giocatori e non solo, furono colpiti. Io ho sempre rigato dritto, per me il calcio era divertimento, passione, oltre che il mio lavoro gratificante. Quanto a Lucaino Re Cecconi, faceva parte anche della Nazionale, e l’anno prima della tragedia il vice presidente della Lazio aveva declinato un’offerta importante dal Milan. Vi posso dire che era un angelo e ragazzo d’oro, generoso. Mia moglie era molto legata alla moglie, e ci frequentavamo anche fuori dal campo. Lui era reduce da un lungo stop, quella giornata disgraziata il medico gli aveva dato responso positivo che la domenica sarebbe potuto essere arruolabile, e lui felicissimo, quasi incredulo. Il pomeriggio insieme a lui, Ghedin, Renzo Rossi andammo al Fleming, un locale frequentato da molti laziali e noi giocatori, e lui per la gioia, si mise a servire e preparare caffè. Io, il pomeriggio dovevo andare ad accompagnare mia moglie all’aeroporto perché doveva partire per Bari. Con Ghedin decisero prima di tornarsene a casa, intorno alle 19.30, di accompagnare un loro amico profumiere a lasciare un profumo alla gioielleria lì vicino. In quella gioielleria, è successo di tutto, Luciano era con un impermeabile e cappello, e simulò goffamente una rapina, per scherzo, il gioielliere, aveva una pistola con sé, perché erano gli anni in cui cera delinquenza armata nella Capitale, Ghedin alzò terrorizzato le mani in alto, ed il gioielliere fece partire il colpo fatale verso quell’angelo, che forse era stato troppo euforico in quella disgraziata giornata. Io appresi la notizia all’aeroporto mentre ero al ceck-in, quasi svenni e non ci credevo, perché lo avevo visto un’ora prima o giù di lì. Ricordo ancora come se fosse ieri, il funerale, c’erano tifosi ed amici anche fuori dalla chiesa, fu straziante. Era una promessa della Nazionale italiana, sono sicuro che sarebbe arrivato a potersi giocare il Mondialeâ€.

Sei stato successivamente, anche a Palermo. Tra le fila dei rosanero in qsquadra con te, c’era anche Gianpiero Gasperini, e tu hai vinto anche un Guerin d’Oro. Hai intravisto nel tecnico dell’Atalanta formato europea, le qualità che sta dimostrando oggi?

“Nel 1980 sono passato al Palermo dove ho trascorso tre ottime stagioni, su tutte resta il rimpianto la promozione sfiorata insieme a Gianni De Rosa, Gian Piero Gasperini, Giampaolo Montesano, De Stefanis. Realizzai complessivamente otto reti ed in quell’annata vinsi anche il ‘Guerin d’Oro’ della serie B, un premio molto ambito. Gasperini, altro grande centrocampista, un tornante offensivo, era un leader, uno di quei giocatori di spessore, che dava già indicazioni tattiche, era un secondo tecnico in campo. Non mi sorprende quello che sta facendo con l’Atalanta, ma insieme a lui tra gli allenatori emergenti, metto Simone Inzaghi, voluto fortemente da Lotito e Tareâ€.

Il tuo secondo Bari, è stato quello dell’innamoramento con la città. Sei stato uno dei protagonisti del Bari di Bolchi, di cui eri capitano, ed uno degli artefici di quella ‘Remuntada’ dalla ‘C’ alla ‘A’ con il rimpianto forse di non aver giocato con il Bari, in quella categoria che ti eri meritato. Il tuo ricordo più bello e perché non sei rimasto.

“Vi svelo che un retroscena: ero in vacanza a Bari ed in quei giorni incontrai il mio amico, Pasquale Loseto che allenava la Primavera del Bari, e gli dissi che forse sarei tornato a Pescara da Rosati, in serie B, lui cercò di convincermi, e di fare un pensierino al Bari che stava attrezzando una grande squadra con il presidente Vincenzo Matarrese ed il ds Franco Janich. La sera, dopo mi arrivò la chiamata di un dirigente, Tony Sgobba che mi fissò un appuntamento con Don Vincenzo. Il presidente spiegò che voleva riportare il Bari ai grandi fasti e che io ero un pallino del direttore sportivo e che avrei potuto sposare le idee di un tecnico, di spessore, come Bruno Bolchi. Mia moglie era un po’ restia, perché sapeva che nella seconda stagione a Bari, avevo sofferto a non poter giocare e perché a Bari, per un barese non era semplice. Ma ci convincemmo, e diventai per la seconda volta un giocatore del Bari. Lì trovai un ragazzino Giovanni Loseto, divenuto mio grande amico, che era fortissimo e destinato a diventare la bandiera che poi è diventato, ma insieme anche a De Trizio e gente come Cuccovillo, in porta c’era il grande Conti, avevamo anche Alberto Cavasin, un difensore di esperienza, Gigi De Rosa, uno squadrone, dovrei citarli tutti. Eravamo un gruppo di amici ed in campo si dava il 110%. Vincemmo campionato e nella Coppa Italia, battemmo sia la Fiorentina che la Juve. Qui, forse il ricordo più bello della mia carriera, perché all’andata al ‘Delle Alpi’ battemmo la Juve di Scirea, Cabrini, Tardelli, e soprattutto di Platini. A fine partita, venne a bussare nello spogliatoio, era lui il grande Platini. Disse, rivolto a me: ‘Questa volta mi hai battuto e ti regalo mia maglietta al ritorno vi batteremo, capitano’, io emozionato come un bimbo, presi in dono la sua maglia e mi inginocchiai e dissi, ‘Scusami Leroy, ma ho onorato la mia maglia, e ti sono grato di questo gesto’. A ritorno pareggiammo due a due, e segnai questa volta su rigore, in uno stadio il ‘Della Vittoria’ che sembrava una bolgia. Ecco, quello, è senza dubbio il mio ricordo più bello, resta il dispiacere che nonostante il presidente mi aveva garantito la sua parola che avrei fatto un altro anno, fui ceduto al Taranto, dove ho chiuso la carriera. Se avessi avuto la possibilità avrei dato il mio contributo ai miei compagni in quella categoria che mi ero meritato sul campoâ€.

L’ultima sul Bari targato Vincenzo Vivarini, sulla gestione De Laurentiis, tu che sei stato anche nella Lazio di Lotito, e conosci la famiglia De Laurentiis quello che hanno fatto a Napoli di importante, che idea ti sei fatto?

“Ho seguito molto attentamente le vicende del Bari lo scorso anno sotto la guida tecnica di Cornacchini. Era un Bari che anche in casa non entusiasmava, nonostante avesse vinto con anticipo e meritatamente, anche se sui campi in terra campana, aveva perso qualche colpo. Mi aspettavo un cambio tecnico, come d’altronde anche molti tifosi, la mia opinione è che Cornacchini, seppur un bravo tecnico che ha portato al trionfo il Bari in D non fosse all’altezza delle pressioni di una piazza come Bari, in una categoria come la Lega Pro, con organici come quello della Reggina e di altre squadre, che volevano seppur a fari spenti, dire la loro. E così è stato, dopo la quinta di campionato c’è stato il cambio necessario, con Vivarini il bari ha trovato la quadra ed infilato una serie di risultati utili, nonostante di recente abbia realizzato troppi pareggi che hanno aumentato il gap con la Reggina. Se dovesse chiudersi la stagione regolare, dovrà sudarsi la promozione dai playoff. Da una squadra come il Bari, mi aspetto sempre di più, e sono sicuro che questa società può riportarla ad alti livelli. Soltanto, che forse, sarebbe servito qualche giocatore più di spessore, non basta il solo Antenucci, capocannoniere, per vincere ci vogliono tanti giocatori di carattere. C’è un altro aspetto su cui mi voglio soffermare e se da una parte faccio i complimenti al Bari perché ho letto e conosciuto gli artefici del Museo del Bari, che presto quando tutto ritornerà spero di poter vedere , al San Nicola, dispiace non vedere nel Bari, gente come Giovanni Loseto che incarna la ‘baresità’, lui insieme a Giorgio De Trizio ed altri che hanno dato tutto, meriterebbero una chance. Magari, succederà in futuro, però i baresi non devono dimenticare chi ha dato tutto per quella maglia ed ha ad oggi, ancora competenze e bagaglio tecnico per farne parte, specie se si vuole ambire a grandi palcoscenici, quello è l’augurio che faccio a questa società. Bari è Bari, continuate a dare tutto, ma non dimenticate la memoria e le bandiere. Io sono stato, un anno a Roma con Lotito, ed il presidente, sebbene ha iniziato che era un po’ distante, oggi la sua società sta vincendo trofei, ed è una realtà, con fatturati sempre in ordine, un grande direttore sportivo come Tare, ed un tecnico tra i migliori, Simone Inzaghi, auguro, pertanto, al mio Bari ogni bene ed appunti, i migliori palcoscenici da subitoâ€.

Marco Iusco
Quotidiano di Bari

Torna a NEWS & MERCATO

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 23 ospiti