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BARI.La Corte di appello di Bari ha condannato il portiere del Bari Jean Francois Gillet a due mesi di reclusione e duemila euro di multa per avere assunto una sostanza dopante, precisamente il nandrolone, nei giorni precedenti la partita Bari-Reggina, disputatasi domenica 21 gennaio 2001. Il verdetto è stato emesso nel primo pomeriggio di ieri dalla terza sezione penale, presieduta da Antonio Gagliardi, dopo circa tre ore di camera di consiglio. Il giocatore biancorosso, che si è sempre proclamato innocente, dopo avere ascoltato il verdetto di colpevolezza, è scoppiato in lacrime. L'atleta belga non sconterà comunque alcuna condanna detentiva: anche i due mesi di reclusione sono stati trasformati in una multa, perciò l'estremo difensore del Bari pagherà allo Stato complessivamente 4mila 280 euro. Di diverso avviso è stato il rappresentante della pubblica accusa, il sostituto procuratore generale Carlo Maria Capristo, il quale sempre nell'udienza di ieri aveva chiesto l'assoluzione del calciatore «perché il fatto non costituisce reato» e indagini specifiche sull'ex medico sociale Alfonso De Nicola, dimessosi dall'As Bari pochi giorni fa. In altre parole, secondo il pg, sarebbe ipotizzabile - almeno in linea teorica - una responsabilità del sanitario nell'assunzione della sostanza dopante, non certo dell'atleta. Durante il dibattimento di appello, ordinato dalla Cassazione che aveva annullato la precedente assoluzione di primo grado, si sono avvicendati due pg. Il primo rappresentante dell'accusa, dottor Marano, aveva chiesto la condanna di Gillet a tre mesi di reclusione (sempre con la pena sospesa), poi quella requisitoria era stata «superata» dalla decisione della Corte di acquisire nuove prove. Insomma i giochi processuali si erano riaperti. Poi l'ufficio della Procura generale - per sua natura impersonale - è stato rappresentato dal dottor Capristo che è giunto a una diversa conclusione. Nell'udienza di ieri ha deposto, fra gli altri, il farmacologo milanese Chiesara. Il quale ha escluso, tecnicamente, l'ipotesi che a Gillet, quel giorno in preda a febbre e vomito, fosse stato somministrato il nandrolone per via endovenosa insieme con i farmaci terapeutici (ammessi). I fatti risalgono al 21 gennaio 2001, vigilia di Bari-Reggina, partita vinta dal Bari per 2 reti a 1. Al controllo antidoping, nelle urine di Gillet venne trovata una percentuale troppo elevata di nandrolone, sostanza capace di aumentare il tono muscolare. Ne derivò l'inchiesta, avviata dal pm Ciro Angelillis. Il processo di primo grado si concluse con l'assoluzione (ottobre 2003), perché non era stato ancora emanato dal Parlamento il regolamento di esecuzione della legge antidoping. La Procura ricorse in Cassazione e i giudici romani (novembre scorso) ordinarono un nuovo giudizio, sottolineando che la mancanza del regolamento non indeboliva il divieto. La Corte ha ritrasmesso gli atti alla Procura, che valuterà se approfondire altri aspetti della vicenda, fra i quali - ipoteticamente - la posizione del dottor De Nicola.
Carlo Stragapede