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A Terni è maturata la quinta vittoria in trasferta (venti punti in totale, contro i diciotto in casa)
In trasferta viaggia a ritmi super, al «San Nicola» un disastro
BARI.La classifica abbozza un timido sorriso. Il Bari vince e si riabilita. Ruggisce e si rilancia. Un salto niente male, fin oltre la «zona rossa»: +1 sulla quint'ultima (la Salernitana, in media inglese a -4), +6 sulla quart'ultima (l'Arezzo addirittura a -9, sempre in media inglese). Per la salvezza senza spareggio, si sa, è necessario evitare le ultime cinque posizioni o, estrema ratio, esibire un vantaggio di almeno cinque punti sulla quart'ultima. Presto per avventurarsi in calcoli, per lasciarsi andare a quella voglia matta di tabelle e numerini. Indubbio, però, come la meritata vittoria di Terni suoni come la riposta forte e autoritaria di un gruppo che, con l'acqua alla gola, ha sempre tirato fuori il meglio di sè. Segno che il Bari ha un'anima. E che il lavoro di Carboni merita una netta sottolineatura, non solo critiche a volte preconcette. È l'anno zero, in fondo. Da queste parti si è deciso di azzerare il passato e di porre la basi per un programma a breve-media scadenza. Ecco perché le difficoltà erano in preventivo. Ecco perché, almeno per quest'anno, conta solo la salvezza. Primo passo per un futuro finalmente diverso. Quinta vittoria in trasferta (Crotone, Catania, Perugia, Albinoleffe, Terni). Il Bari ha l'anima corsara, ormai questo è un fatto. Sorpasso effettuato: diciotto punti conquistati al «San Nicola», due in più lontano da casa. Due classifiche a confronto: da retrocessione la prima (peggior rendimento interno, il derelitto Arezzo è a quota diciannove), da playoff la seconda (solo Perugia, Genoa, Treviso e Ascoli hanno fatto meglio). Come quelle relative ai gol: 28 realizzati (terz'ultimo attacco, sotto ci sono solo Venezia a 24 e Catanzaro a 27), solo 29 quelli subìti (quarta difesa del torneo cadetto, alle spalle di Empoli, Torino e Perugia). Chiamatelo pure il Bari degli eccessi e degli squilibri. Scompensi da arginare se l'obiettivo è davvero quello di tornare, a breve, nel giro che conta. L'impressione è quella di essere di fronte ad una squadra sulla quale si può lavorare bene. Non c'è da rifondare, ma da aggiustare. Rinforzi mirati da inserire in un progetto tattico abbastanza visibile. Ma questi son discorsi prematuri. La realtà , purtroppo, è un'altra. E chiama in causa ancora una volta le coronarie dei tifosi, costretti ad un altro finale di stagione col fiato sospeso. Il film di Terni rassicura, ma le certezze sono un'altra cosa e chiamano in causa la matematica. Impossibile alzare la guardia, folle ritenersi più forti delle dirette concorrenti. C'è da remare e basta. Da qui fino a giugno. Forti nelle gambe e con la testa. Il problema del rendimento interno rappresenta, indubbiamente, una turbativa. E non di poco conto. Soprattutto alla luce della cronicità del problema. È da settembre che il Bari si porta appresso questa sorta di zavorra, senza essere mai riuscito a venirne a capo. Carboni ne parla spesso con i suoi ragazzi, ma l'impressione è che sia meglio provare a far finta di niente. La componente psicologica, si sa, può tanto. Nel bene e nel male. Per sei notti il «San Nicola» sarà teatro di appuntamenti-salvezza, tra scontri più o meno diretti (Catania, Triestina e Pescara) e sfide dai contenuti più vari (Treviso, Empoli, Piacenza). Il problema, però, non sembra essere l'avversario. Quantomeno non il solo. C'è dell'altro che sfugge ad una prima analisi. E chiama in causa le caratteristiche della squadra biancorossa. Decisamente più predisposta ad esprimersi a campo aperto, ma anche un po' fragile ed emotiva nella gestione del gelido «San Nicola». I numeri, d'altronde, sono di una chiarezza terrificante. Freddi e persuasivi. E portatori di un messaggio aggressivo: cambiare la rotta, prima che sia troppo tardi.
Antonello Raimondo