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Dodoxxx

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Messaggioda Dodoxxx » sab mar 13, 2004 15:00


:D :D Bellissimo!!!! prendo sunto da Zelig: "Voglio tornà BAMBINO!!!!"

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Io ce l'ho fatta!

Rips

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Messaggioda Rips » sab mar 13, 2004 15:03


A questo punto vi riporto un pezzo di un .doc che mi ha spedito mesi fa un amico... l'unica pecca è che è di Taranto e quindi in diversi punti fa riferimento a quella città e alle sue strade e qualche modo di dire comunque simile al nostro (a proposito sempre taranto m****!!!) ma le emozioni erano le stesse per noi sono certo che lo apprezzerete comunque, quindi ve lo riporto intero perchè merita... nell'attesa che qualcuno di voi magari sostituisca i luoghi di quella orribile città rimpiazzandoli con posti della nostra bella CAPITALE e quindi detarantinizzarlo del tutto! :twisted:

Ci sono comunque delle "modalità di gioco" e delle abitudini che credo siano state comuni a tutti i bambini degli anni '70-'80 da lecce ad aosta, da siracusa a udine (la regola O GOL O RIGORE chi non l'ha vissuta come una delle regole fondamentali su cui si basava la vita?).... che bei tempi, quando il calcio che si giocava fra di noi non era così diverso da quello che potevi vedere la domenica al Della Vittoria in quanto ad impegno... ALL'ULTIMO SANGUE!

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A ci par vè mbort: ovvero il calcio minimo della nostra infanzia

Pomeriggi assolati e interminabili. Una piazza, un parcheggio, un qualsiasi spazio sgombro, di che forma o dimensione poco importava.
Un pallone, quello era l’unico strumento indispensabile e, a ripensarci, neanche tanto, chè il suono di una lattina di coca cola rotolante sull’asfalto evoca a ognuno di noi sensazioni dolcissime e irripetibili.

I palloni
Palloni classici: il super tele. Da evitare, se possibile: poco più pesante di un palloncino a elio, probabilmente meno resistente; uno sguardo troppo intenso rischiava di forarlo, figuriamoci un cespuglio di rovi o il parafango di una macchina… se calciato con forza (sbonnato) prendeva velocità per i primi due metri, dopodichè rallentava la sua corsa ma in compenso assumeva traiettorie irregolari da fare invidia alle punizioni di Mariolino Corso; data la rapidità con cui si bucava, qualcuno aveva escogitato un modo per allungarne la vita, riciclandolo come bizzarro copricapo: non era infrequente imbattersi in ragazzini che sfoggiavano una singolare papalina di gomma colorata e a pentagoni neri;
L’èlite. Da non prendere neanche in considerazione: un’imitazione del super tele, figurarsi…; A volte si aveva la fortuna di calciare rassicuranti "derby", solidi "wembley" e, un po’ più tardi, avveniristici Tango, ma è sempre stato il super santos il principe dei palloni da strada. Non troppo pesante, ma allo stesso tempo compatto e resistente. Il colore arancione, la trama nera a suggerire immaginarie cuciture, lo stesso nome che riportava all’epoca di Pelè, il super santos ha un sottile fascino retro; ci parla di un calcio che non abbiamo mai conosciuto in prima persona, in bianco e nero, pieno di fibbiuti palloni "pre-esagono".
Il pallone compagno di gioco e di strada: ce lo portavamo appresso in lunghe peregrinazioni alla ricerca di campi e complici, sbattendolo quando possibile (a volte anche quando non possibile…) contro un muro per farci due palleggi; a volte, in strade vuote e assolate, sedendocisi sopra, ma con moderazione, altrimenti diventava "a cuculino"!

I giochi
Uno spiazzo, un pallone. Tempo e voglia non mancavano. Spirito di improvvisazione e capacità di adattamento neanche. Così, quale che fosse il numero di giocatori a disposizione, esisteva sempre una soluzione soddisfacente: 2 persone? Se il campo era piccolo, o disponeva di una sola porta, tiravano rigori a turno. Quando invece si disponeva di un campo di misure quasi regolamentari (?!), si optava per il "port' e port'", in cui i due contendenti cercavano di farsi gol da distanza allucinante senza mai superare l'ipotetica linea di centrocampo. Quattro persone? Due contro due a "portieri volanti". Sei o più? Vere e proprie partite, con o senza portieri volanti. Ma il fato ha sempre avversato i piccoli calciatori da strada: come spiegare altrimenti il numero di palloni persi, bucati, sequestrati, tagliati da "grandi" incazzosi (e invidiosi…) o immolati in altri inimmaginabili modi? E quale sennò il motivo per cui se UNA SOLA vecchietta transitava a meno di cento metri dal terreno di gioco, la prima sbonnata la colpiva inevitabilmente in pieno volto? Fato avverso, cos’altro? E il fato si palesava anche in un altro, più subdolo, modo: facendo incontrare i piccoli calciatori da strada sempre in numero dispari. La cosa peraltro non turbava i piccoli calciatori da strada. La soluzione era semplice e a portata di mano, e si palesava solitamente con questa domanda: "Amma sciucà a passagg' e tir 'mbort?". Uno in porta e gli altri (solitamente due) a costruire azioni di gioco il più possibile spettacolari, in questo leggerissimamente favoriti dalla totale assenza di difensori. L’innocuo passatempo del passagg’ e tir 'mbort, pur essendo gratificante per i narcisisti calciatori, mostrava però ben presto due limiti sostanziali:
· Come decidere l’alternarsi dei portieri? Per il primo turno era sufficiente "buttare il tocco", ma il più delle volte non esisteva alcun sorteggio: l'arte dei numeri era troppo eccelsa per i più. La scelta iniziale del portiere cadeva selvaggiamente sul più debole, quasi come una legge ancestrale: l’impietosa legge del più forte (il più scarso/piccolo/suggette andava in porta). Ma d’altro canto non risultava chiaro quando fosse giunta l’ora di cambiare il portiere, e con quale criterio dovesse essere sostituito. Difficilmente infatti esisteva una chiara gerarchia che classificasse i giocatori dal più debole al più forte: di solito erano solo il primo e l’ultimo ad essere riconosciuti come tali, mentre gli altri, dal valore intermedio, facevano branco e gareggiavano nel vessare il debole ed entrare nelle grazie del forte (invidiandolo segretamente).
· Il secondo limite era costituito dal carattere totalmente amichevole ed accademico del gioco, che risultava privo di qualsiasi elemento di competitività, necessario per aggiungere del sale a qualsiasi manifestazione sportiva.
Nasceva così l’esigenza di inserire alcune regole basilari. Ecco che qualcuno proponeva: "a ci pàr vè 'mbort". Bizzarra locuzione, a pensarci bene, perché... a ci par, stè gia’ 'mbort! In realtà l’espressione stava a significare "a ci s'a face para' vè 'mbort", ma bisogna riconoscere che detta così non fa lo stesso effetto.
L’imperativo categorico dell’ "a ci par vè 'mbort" consisteva nel NON FARSI ASSOLUTAMENTE PARARE i tiri, altrimenti il tiratore (e pertanto spesso il più coraggioso o colui che voleva fingersi tale) doveva subire lo scorno terribile di andare in porta. Ecco inserito un elemento agonistico, che appariva molto ben congegnato: infatti, più uno era "attaccante nato", meno vulèv scè 'mbort! Era lì la genialità. I più vigliacchi non tiravano mai, o esplodevano solo delle sbonnate indecorose a botta sicura da distanze ridicole. Altri, più coraggiosi, sfidavano la sorte.
La variante dell’ "a ci segn vè 'mbort" era sicuramente meno logica. Infatti andare in porta non era propriamente un premio, per cui capitava spesso che attaccanti dallo scarso senso etico, concludessero splendide azioni corali con errori "alla Pacione", mentre a loro volta i portieri, desiderosi di tornare "sotto", prendevano gol da ufficio inchieste. Se tali pratiche risultavano sostanzialmente innocue nel corso di tranquilli allenamenti a una porta, diventavano invece fonte di sanguinose litigate fra compagni di squadra se fatte nel corso di vere e proprie partitelle a due porte, in cui (sempre per la mancanza di un portiere fisso volontario) vigeva l’usanza del cambio portiere "a gol fatto", "a gol subito", o "a gol fatto o subito". Si assisteva spesso che ad azioni travolgenti, tipo triangolazioni strette, scartati 4-5 jugatori, sponda, e scartato pure il portiere,.... l'autore della prodezza ritornava sui suoi passi, e non segnava, fra l' lucculi dei combagni.
E d’altra parte alla prima occasione u' portiere s' fascev' fà gol, simulando goffamente un tardivo tuffo, a dimostrare che aveva fatto il possibile per parare. I primi pionieri che si decisero a governare i cambi portiere con un più neutro criterio temporale (ogni 5 minuti, ogni 10 minuti) ebbero a lungo i risultati dalla loro parte.

"Stadi", "cambetti" e relative regole
Ma su quali teatri si consumavano tali epiche sfide? Se per un "A ci par ve 'mbort", bastava un qualsiasi spazio aperto (un classico era il vialetto asfaltato col cancello di una villa a fare da porta, e la rientranza trapezoidale davanti al cancello come area di rigore. I tiri oltre la traversa erano seguiti da un severo "e mmo’ a ve’ pigghie", che costringeva l’impreciso tiratore ad assumersi le sue responsabilità e scavalcare...), per le partite vere e proprie esistevano (esistono), in città e fuori, degli spazi deputati. Non si sa se per megalomania o per autoironia, tali spazi, di dimensioni irregolari, ritagliati con fatica in un assedio di macchine parcheggiate, minacciati dalle robbe stese ad asciugare, in cui il pallone veniva difeso a stento dalle insidie di vigili in moto, grattini in agguato, condòmini all’arma bianca, prendevano i nomi dei più rinomati stadi del mondo. E la cosa è ancora più bizzarra in una città dove l’unico stadio vero e proprio viene universalmente chiamato "u' camb".
Fra gli "stadi" di città, si ricordano:
· il S.Siro, che era una strada all'epoca poco frequentata fra Viale Magna Grecia e Corso Italia; era lo spiazzo davanti all'attuale Pacinotti, ma all'epoca c'era un altro istituto, probabilmente il Fermi.
· Il campetto carbone, fra Via Emilia e Corso Italia;
· E chi non ha mai giocato allo spiazzo della Bestat dove c'era Boccardi? Beh, quello era l'Olimpico! Ed era meglio illuminato, per giocare la sera. Le partite, infatti, d'estate si potevano protrarre anche fino all'1 o le 2 di notte.
· La rotonda di Lungomare era il Maracanà. Il problema fondamentale era che una volta alla settimana (se andava bene) il pallone veniva ingoiato dai flutti di Mar Grande.
· Piazza Garibaldi non aveva uno pseudonimo, ma alberi come porte, estensione pressoché illimitata, vecchiette ignare a rischio trauma cranico, grattini e affascinanti ghirigori in luogo del cerchio del centrocampo e delle aree di rigore.
La costante di tutti questi campi era l’assenza di porte vere e proprie, così come di aree di rigore, delimitazioni del terreno di gioco, ecc. Da ciò derivano varie conseguenze.
· Porte fatte con indumenti, zaini e affini. Da qui, la regola delle regole. "Purtiè, occhie alle robbe!".
· Dispute sui "gol - non gol" da fare impallidire il peggior Pistocchi:
· Traverse di altezza variabile: essendo le porte delimitate semplicemente da cataste di robbe, la traversa era una linea puramente immaginaria. La cosa più divertente era che l'altezza della traversa variava a seconda della statura del portiere: quest'ultimo diceva "no vvid, è alto!" e alzando le mani dimostrava di non arrivare all'altezza dove il pallone era passato. Quindi, se il portiere, come spesso succedeva, era il più piccolo, la traversa virtuale era posta a circa un metro e mezzo di altezza.
· Il palo-rete. Quante discussioni:
- "E' gol"
- "No, ... è palo!"
- "Sì, ma palo-rete!"
E il palo consisteva in una cartella, borsa, o pila di libri. E allora si prendeva il pallone con le mani, facendolo partire esattamente da dove proveniva il tiro e si simulava l'impatto con il palo immaginario.
E poi:
- "No,... è palo e pò ha trasut' n'camb."
- "No, ... u tir' purtav l'effetto"
E si ri-simulava il tutto facendo roteare il pallone fra le mani fino all'impatto.
E il bello era che molto spesso tutti convenivano che effettivamente il pallone era "ad effetto", ed aver' trasut' n'port e si assegnava il gol. A mmeno che quaccheduno se ne usciva e diceva:
- "No... tenev' l'effetto condrario"
E si ri-simulava di nuovo il tutto:
- "Ha azzuppat' aqquà (sul palo immaginario), il palo è ovale, e quindi ha trasut' n' port'"
- "Sì,... vabbè, ma all' Salesian u' pal' è rotondo!"
E si ricominciava di nuovo il tutto....

· O gol o rigore
Regola che richiama vagamente la pratica medievale dell'ordalia (sottoporsi al giudizio divino attraverso una prova, ad esempio camminare sui carboni ardenti), potrebbe filosoficamente riconnettersi al "credo quia absurdum" ed essere riassunta come segue: t'hagghie futtute (e pertanto mi sono messo in una posizione di supremazia decisionale ma, per la pace della coscienza e visto che "u pallone è u' tue") se non sei d'accordo che è gol, almeno dammi il rigore. Astrattamente potrebbe essere sbagliato ma, secondo il calcolo delle probabilità è gol sicuro perchè "meng na sbunnata mocch o' purtiere ca se pigghie paure".
Esembio pratico:
- E' gol!
- No! E' ffòr!
(Segue accesa discussione)
- Vabbè,... O gol.... o rigòr!
- Sciam'n mè! A Madonna s' l'à da vedè!
…e se il rigore veniva effettivamente trasformato, c'era sempre qualcuno che chiosava: "He vist' ch'era gol?!": il successo della prova era più attendibile di qualsiasi moviola…
· Piripicchio
Ovvero l'irregolarità commessa dal portiere che prendeva la palla colle mani fuori dall'area di rigore (naturalmente immaginaria…).
L'etimologia di questo termine era sconosciuta ai più, ma NUX ci ha reso edotti attraverso un bellissimo racconto che vale la pena di riportare integralmente:
Nei primi anni 50, ai tempi del mitico "Mazzola", quando a Taranto si viveva veramente di calcio, pallone, cozze e BIRRA RAFFO, quella vera , che si produceva dietro via Plateja e che quando passavi nelle vicinanze, solo l'odore ti ubriacava, un paio di ore prima della partita, un nugolo di ragazzini, me compreso, si presentavano al magazzino dello stadio, per prendere in spalla le transenne per l'entrata degli spettatori, (pesavano un accidente), quindi si portavano davanti agli ingressi, si sturavano con le mani i buchi nel terreno e le si fissavano.
Così facendo si entrava gratis a vedere la partita.
Allora i mezzi di trasporto erano le biciclette, quindi se si riusciva a prenotare una zona, prendevamo in custodia le bici, con la speranza che all'uscita qualcuno ci desse qualcosa (il massimo era 10 lire), proprio come i parcheggiatori moderni che si avvicinano e ti chiedono '' 'nu cafe' '' , altrimenti si entrava a vedere la Partita.
Bene, mi sono rimaste impresse due espressioni dei tifosi più grandi.
Una, a seguito di fallaccio, e qui la scrivo come veniva detto:
CE STE' SCIUCAME A RUG BI!!! (gi dolce)
E l'altra:
ARBITRO, F'R'CHICCH !!
Dall'espressione inglese FREE KICK. Quindi presumo che questa espressione abbia dato poi origine alla parola PIRIPICCHIO di cui in argomento.

Diverso il discorso per gli "stadi" in campagna o in località di villeggiatura, che assumevano la dignità di "campetti". Lì asfalto, mattoni e brecciolino (prerogativa degli stadi di città) venivano sostituiti da: terra secca (capace di prendere le sembianze di biblico polverone dopo tre secondi dal calcio di inizio), sassi, radici di alberi (malignamente affioranti sulle fasce laterali), fili d’erba (non più di 10-15 per campo, e mai dopo i primi di giugno…) strane infiorescenze secche, rotonde e spinose che, provenienti da chissadove, sembravano posarsi esclusivamente sui campetti, e infine anche qui l’immancabile brecciolino, vero leit motif delle nostre infanzie e terrore delle nostre ginocchia. Una lista completa dei campetti potrebbe prolungarsi all’infinito. Ci limiteremo quindi a citarne due:
· La batteria, sulla litoranea, a Gandoli, all’incrocio con Viale Kennedy. Il fascino della batteria sta nel suo nome (dovuto alle installazioni militari che si trovano nei suoi pressi) ed alla sua "visibilità": andando o tornando dalla villeggiatura si passava inevitabilmente da lì con la macchina: occhi invidiosi e avidi rubavano dai finestrini di dietro lo scampolo di azione che il rapido transitare dell’auto permetteva loro di scorgere. Il resto del tragitto era solo un sognarsi protagonisti nel mezzo di quel divino polverone.
· Il Campetto di viale Monaco, a Talsano: anche chi non l’ha mai visto, dopo aver letto il romanzo di Massimo Stragapede, lo ha scelto come simbolo della pallastrada (pallastraga?) tarantina.

Appendice: Piccolo dizionario del gergo dei cambetti.
Chiunque rispetti la legge dei cambetti lo sa: commentare, sfottere, offendere, suggerire, esclamare, ridere e far ridere, sono elementi almeno altrettanto importanti dello giocare in sè. Ironia corrosiva, disincanto, cozzaraggine molesta e genialità hanno dato vita nel tempo a un vero e proprio gergo: non conoscerlo o non apprezzarlo significa perdere almeno la metà del divertimento.

Commenti e domande retoriche
(N.B.: alle domande retoriche va sempre anteposta la congiunzione "e", anche a inizio frase):
"e cce' ste' au sanzir'?!": a commentare tiri o passaggi fuori misura per eccesso (da declamare con tono sfottente e/o sfiduciato).
"e ce ste sciucam, cu le signurin'?": quando qualcuno si lamenta del gioco troppo maschio.
"e ce ste scioche a' pall'a'fa'tù?": a stigmatizzare interventi approssimativi.
"Meta!" : commento ironico a un tiro particolarmente alto.
"Signoraaaa!": come sopra. si vuole insinuare che il pallone sia finito così lontano da essere entrato a casa di qualcuno. Naturalmente può essere usato anche in assenza totale di case e di signore.
"Mooo... ce puntazz'!": Commento di un tiro forte ma non elegante.
"Stù pallon' è a cucculin'! Vè tutt' sdrammat'" : Il pallone non è propriamente sferico e assume traiettorie sghembe.
" Naaa vid vid....quedd e' a cann du goll!": Frase indirizzata al compagno che non passa mai la palla e che cerca sempre l'azione personale sotto porta.
"Alle cape d' firr!": da urlare a mo' di "si salvi chi può" in caso di pallone a campanile che precipita da altezze siderali.

Suggerimenti, insulti, minacce:
"accome ti ggiri!", ("come" viene usato nel senso di "non appena"): serve a sollecitare al compagno, che si trova di spalle, un passaggio (o più raramente un tiro) immediato (da esclamare con foga orgasmatica).
"pass'a me ca so' veloc''": formula rituale, usata più per la sua musicalità che per l'effettiva rapidità di chi la pronuncia.
"sùle-stè": al compagno solo davanti alla porta.
Generalmente seguito da:
"tir'n boooor", dove "booor" è un urlo disumano che dovrebbe significare "porta" (l'agonismo trasforma le parole) ma che assomiglia più ad un urlo di dolore. L'urlo spaventa il malcapitato, gli fa perdere la concentrazione e finisce per fargli sbagliare un gol facile facile.
In conseguenza dell'errore, al malcapitato può capitare di sentirsi dire:
"vatinn' 'mbort, ch'è megghie": chi non è all'altezza di giocare in campo, viene "declassato" a portiere.
"Giuà, scannuen'…'": esortazione a tirare forte.
Oppure:
"sbuenn'l l'ndram": variante più astiosa.
"…e mo' vall' a pigghie!": successiva sollecitazione.
"Albitroo... mitt't l'occhial": dissenso di opinioni col direttore di gara. N.B.: il bello è che il più delle volte non c'era alcun direttore di gara!
"Fatt' 'a convergenz'": da rivolgere a qualcuno col piede di legno.
"Ooooohhh... avit' turna'??!": urlo disperato di portieri sull'orlo di una crisi di nervi.
Il portiere ha sempre avuto vita grama: naturale propensione all'attacco dei suoi "difensori", "campi" di asfalto e/o brecciolino, avversari impietosi capaci di sbonnare da pochi centimetri… Lo stress di un rigore poteva indurlo anche a esprimersi con figure retoriche tipo "sbonna piano, però".
Come adeguarsi al gioco maschio:
· "A sp'zza l' iamme stè sciueche? ... Vabbè ... mo e' f'nit cu' mme' !!!!"
· "Com'è non è fallo ... e ci no iè fall' quidd? ... Se ce jè ... accid'm proprie!!!"

Presuntuose dichiarazioni di superiorità:
· "T' fazz assè u' pallone da ind' a le recchie"
· "T' fazz n'a finta che t' n ve' nderr da sul ... "
· "Anzecc na sbunnata ca a dicere: mado' c'ha success?"
· "T fazz na find ca t fazz u nod all iamme"

In caso di infortunio:
· "Mutu' ce cadut'... s'accis... purtat'l a San Camillo..." (e uno fesso faceva il suono della sirena mentre un altro aggiungeva "purtat'l a u Gambero!!")
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Messaggioda U ZAMP » sab mar 13, 2004 17:51


Bari75 ha scritto:nell'attesa che qualcuno di voi magari sostituisca i luoghi di quella orribile città rimpiazzandoli con posti della nostra bella CAPITALE e quindi detarantinizzarlo del tutto! :twisted:

e perchè il loro orribile dialetto fesso è? :cry:

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Messaggioda kiavikoò » dom mar 14, 2004 1:07


IO CREDO DI ESSERE FORTUNATO ALLORA XCHE' NONOSTANTE SONO OLTO GIOVANE HO VISSUTO TUTTE QUESTE COSE A CARBONARA!!!!!!!!!!!!GIOCAVO IN UNA STRADA VIA D'ERASNO CON TUTTI I CUGINI(NA VENTINA DI CRISTIAN) E ALTRI RAGAZZI DELLA ZONA !!!!!!!!! OGNI ARTITA ERA GIOCATA IN QUESTA STRADA NON TRAFFICATA DOVE A FARE DA ORTE C'ERANO DUE CHIANCONI E OGNI VOLTA FINIVA CON UNA RISSA XKE' NON ERA FACILE STABILIRE SE ERA GOAL O FUORI !!!!!!!!!! CHE RICORDI IL GIOCO DELLA TEDESCA CONTRO UN ORTONE DAL QUALE VENIVO CACCIATO OGNI GIORNO!!!!!! VORREI RITORNARE A QUELL'ETA'!!!!!!!! ORA TUTTO QUESTO E' FINITO TUTTI CRESCIUTI E DIVENTATI TESTE GLORIOSE FELICI XO' DI AVER VISSUTO QUELL'INFANZIA!!!!!!!!
p*****e STRAPAGATE MA NON FATE GODERE!!!!!!!!!

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Messaggioda francescoSB » dom mar 14, 2004 11:37


E la durata assurda delle partite? L'avete dimenticata?
In estate, anke con temperature superiori ai 35°, si giocava in media:
dalle 9:30 alle 14:00
*pausa pranzo*
dalle 15:30 ad oltranza (notte fonda se c'erano i lampioni).
Bellissimo! Grazie Ziobello.

PS
Alla faccia di queste bande di piccoli rincoglioniti, tutti sms e playstation!
Pure noi abbiamo avuto i VIC20 e i C64, ma "andiamo giù" era un comandamento!
SEMPRE CON TE

35007

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Messaggioda 35007 » dom mar 14, 2004 11:46


MO' ADAVER!
PRIMA X ORGANIZZARE UNA PARTITA DI CALCIO DOVEVI SBATTERTI VERAMENTE...O KIAMAVI GLI AMICI AL TELEFONO (IMPRESA IMPOSSIBILE,MAMM NON V'LEV) OPPURE DOVEVI ANDARE DIRETTAMENTE ABBASC ALLA CASA:
"SIGNORA C'E' GIOVANNI?"
"NO,E' A CASA DELLA NONNA!"
"E QUANDO POSSO TROVARLO?"
"TORNA DOPO L'ORA DI PRANZO,PERKE' DEVE FARE I COMPITI!"
C PARANOJ! :lol: :lol:
L TELEFONIN??E C'CAZZ IEVN!
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Messaggioda cicciodaprato » lun mar 15, 2004 2:00


Grazie, zio!
Birra pagata, domenica!

IlMulo

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Messaggioda IlMulo » lun mar 15, 2004 2:23


bello
ZZZzzZzZZzzzZzZzzzZZZzzZ....... mhnmnhhnnm....zzzZZZzZZZZzzzzZZZzzzZ

punziano

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Messaggioda punziano » lun mar 15, 2004 8:39


...post bellissimo...emozionante per chi è cresciuto nell'estrema periferia di Japigia (ex via Caldarola 45 per intenderci...)
grazie Ziobello...
SoloBari to eternity..

Didì

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Messaggioda Didì » lun mar 15, 2004 10:27


QUESTO POST E' UNA BUFALA...........................................................
HA RICOPIATO UN ARTICOLO PRESENTE SUL SITO DELLA ROMA E SU TIFO-NET..........................
COMPLIMENTI ALL'AUTORE...........MMM....SCUSATE AL COPIONE......

http://www.tifonet.it/notizie/articolo. ... 9529&sn=tn

ECCO LA PROVA......HIHIHIHIHIH :mrgreen:

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Messaggioda jerry » lun mar 15, 2004 10:34


mooooo'''''''..............vabbè.....ma si sa' ke lo zio è un internauta...... :lol:
lo sparo adesso per metterti una volta per tutte. CLAUDIO . e mo sciat a scqua' o'v'rruzz sciaaat. l chok chok.

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Messaggioda galatola » lun mar 15, 2004 10:46


E ALLORA??
ANCHE SE COPIATA....E' STUPENDA

GRANDE ZIO

MI HAI RICORDATO LA MITICA TERZA ROTONDA A POGGIOFRANCO
QUANDO PER SCARTARE QUALCUNO...FACEVAMO IL GIRO DELLA MACCHINA

E CHE AD UN CERTO PUNTO...PASSAVANO LE MACCHINE E DOVEVAMO FERAMRCI E NESSUNO SI DOVEVA MUOVERE FINCHE' NON PASSAVA

CIAO
FUORI I LECCESI E JUVENTINI MASCHERATI DA BARESI.......

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Messaggioda jerry » lun mar 15, 2004 10:56


c'si' amaav............
lo sparo adesso per metterti una volta per tutte. CLAUDIO . e mo sciat a scqua' o'v'rruzz sciaaat. l chok chok.

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Messaggioda Didì » lun mar 15, 2004 10:57


MO ADAVEV.......

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Messaggioda cuorebiancorsso » lun mar 15, 2004 11:02


Splendido post ziobello!
Avendo solo 22 anni posso ricordare solo un 60% di cio che dici pero che ricordi!
Ma nessuni di voi si ricorda la tedesca?
Uno in porta (il primo portiere aveva 5 punti in piu) e gli altri che dovevano tirare "a volo"
ogni tipo di goal aveva il suo punteggio:
- 1 di piede "normale"
- 2 di testa
- 3 di tacco
- 5 in rovesciata
- "... chi segna di culo toglie tutto... "
Non sono d'accordo con te
ma darei la vita per farti esprimere la tua opinione

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