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TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

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vivoperlabari

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TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda vivoperlabari » mar mar 23, 2010 11:13


Ad un anno dalle celebrazioni del 150° anniversario dell'unità nazionale.
Da leggere.

Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni «anti-terrorismo», come i marines in Iraq.
Non sapevo che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il conflitto etnico (…). Ignoravo che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma. E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile.
Non sapevo che in Parlamento, a Torino, un deputato ex garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di «Tamerlano, Gengis Khan e Attila». Un altro preferì tacere «rivelazioni di cui l’Europa potrebbe inorridire». E Garibaldi parlò di «cose da cloaca». Né che si incarcerarono i meridionali senza accusa, senza processo e senza condanna, come è accaduto con gl’islamici a Guantánamo. (…) Tutto a norma di legge, si capisce, come in Sudafrica, con l’apartheid. Io credevo che i briganti fossero proprio briganti, non anche ex soldati borbonici e patrioti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso.
Non sapevo che il paesaggio del Sud divenne come quello del Kosovo, con fucilazioni in massa, fosse comuni, paesi che bruciavano sulle colline e colonne di decine di migliaia di profughi in marcia. Non volevo credere che i primi campi di concentramento e sterminio in Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi morire gli italiani del Sud, a migliaia, forse decine di migliaia (non si sa, perché li squagliavano nella calce), come nell’Unione Sovietica di Stalin. Ignoravo che il ministero degli Esteri dell’Italia unita cercò per anni «una landa desolata», fra Patagonia, Borneo e altri sperduti lidi, per deportarvi i meridionali e annientarli lontano da occhi indiscreti.
Né sapevo che i fratelli d’Italia arrivati dal Nord svuotarono le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire immensi patrimoni privati. E mai avrei immaginato che i Mille fossero quasi tutti avanzi di galera.
Non sapevo che, a Italia così unificata, imposero una tassa aggiuntiva ai meridionali, per pagare le spese della guerra di conquista del Sud, fatta senza nemmeno dichiararla. (…) Ignoravo che lo stato unitario tassò ferocemente i milioni di disperati meridionali che emigravano in America, per assistere economicamente gli armatori delle navi che li trasportavano e i settentrionali che andavano a “far la stagione”, per qualche mese in Sviz zera.
Non potevo immaginare che l’Italia unita facesse pagare più tasse a chi stentava e moriva di malaria nelle caverne dei Sassi di Matera, rispetto ai proprietari delle ville sul lago di Como. Come potevo immaginare che stessimo così male, nell’inferno dei Borbone, che per obbligarci a entrare nel paradiso portatoci dai piemontesi ci vollero orribili rappresaglie, stragi, una dozzina di anni di combattimenti, leggi speciali, stati d’assedio, lager? E che, quando riuscirono a farci smettere di preferire la morte al loro paradiso, scegliemmo piuttosto di emigrare a milioni (e non era mai successo)? (…) Io avevo sempre creduto ai libri di storia, alla leggenda di Garibaldi.
Non sapevo nemmeno di essere meridionale, nel senso che non avevo mai attribuito alcun valore, positivo o negativo, al fatto di essere nato più a Sud o più a Nord di un altro.(…)
Si è scritto tanto sul Sud, ma non sembra sia servito a molto, perché «ogni battaglia contro pregiudizi universalmente condivisi è una battaglia persa» dice Nicholas Humphrey (Una storia della mente). «Perché non riprendi una delle tante pubblicazioni meridionaliste di venti, trent’anni fa, e la ristampi tale e quale?
PINO APRILE
"finché la mia stella brillò, io bastavo per tutti;
ora che si spegne, tutti non basterebbero per me.
Io andrò dove il destino mi vorrà, perché ho fatto quello che il destino mi dettò.."

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda papin » mar mar 23, 2010 11:19


vivoperlabari ha scritto:Ad un anno dalle celebrazioni del 150° anniversario dell'unità nazionale.
Da leggere.

Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni «anti-terrorismo», come i marines in Iraq.
Non sapevo che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il conflitto etnico (…). Ignoravo che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma. E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile.
Non sapevo che in Parlamento, a Torino, un deputato ex garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di «Tamerlano, Gengis Khan e Attila». Un altro preferì tacere «rivelazioni di cui l’Europa potrebbe inorridire». E Garibaldi parlò di «cose da cloaca». Né che si incarcerarono i meridionali senza accusa, senza processo e senza condanna, come è accaduto con gl’islamici a Guantánamo. (…) Tutto a norma di legge, si capisce, come in Sudafrica, con l’apartheid. Io credevo che i briganti fossero proprio briganti, non anche ex soldati borbonici e patrioti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso.
Non sapevo che il paesaggio del Sud divenne come quello del Kosovo, con fucilazioni in massa, fosse comuni, paesi che bruciavano sulle colline e colonne di decine di migliaia di profughi in marcia. Non volevo credere che i primi campi di concentramento e sterminio in Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi morire gli italiani del Sud, a migliaia, forse decine di migliaia (non si sa, perché li squagliavano nella calce), come nell’Unione Sovietica di Stalin. Ignoravo che il ministero degli Esteri dell’Italia unita cercò per anni «una landa desolata», fra Patagonia, Borneo e altri sperduti lidi, per deportarvi i meridionali e annientarli lontano da occhi indiscreti.
Né sapevo che i fratelli d’Italia arrivati dal Nord svuotarono le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire immensi patrimoni privati. E mai avrei immaginato che i Mille fossero quasi tutti avanzi di galera.
Non sapevo che, a Italia così unificata, imposero una tassa aggiuntiva ai meridionali, per pagare le spese della guerra di conquista del Sud, fatta senza nemmeno dichiararla. (…) Ignoravo che lo stato unitario tassò ferocemente i milioni di disperati meridionali che emigravano in America, per assistere economicamente gli armatori delle navi che li trasportavano e i settentrionali che andavano a “far la stagione”, per qualche mese in Sviz zera.
Non potevo immaginare che l’Italia unita facesse pagare più tasse a chi stentava e moriva di malaria nelle caverne dei Sassi di Matera, rispetto ai proprietari delle ville sul lago di Como. Come potevo immaginare che stessimo così male, nell’inferno dei Borbone, che per obbligarci a entrare nel paradiso portatoci dai piemontesi ci vollero orribili rappresaglie, stragi, una dozzina di anni di combattimenti, leggi speciali, stati d’assedio, lager? E che, quando riuscirono a farci smettere di preferire la morte al loro paradiso, scegliemmo piuttosto di emigrare a milioni (e non era mai successo)? (…) Io avevo sempre creduto ai libri di storia, alla leggenda di Garibaldi.
Non sapevo nemmeno di essere meridionale, nel senso che non avevo mai attribuito alcun valore, positivo o negativo, al fatto di essere nato più a Sud o più a Nord di un altro.(…)
Si è scritto tanto sul Sud, ma non sembra sia servito a molto, perché «ogni battaglia contro pregiudizi universalmente condivisi è una battaglia persa» dice Nicholas Humphrey (Una storia della mente). «Perché non riprendi una delle tante pubblicazioni meridionaliste di venti, trent’anni fa, e la ristampi tale e quale?
PINO APRILE


VUOI SCOMMETTERE CHE NESSUN AMICO DI SILVIO QUI RIUSCIRA' A GIUSTIFICARE L'ALLEANZA CON LA LEGA ULTRADECENNALE?
Ultima modifica di papin il mar mar 23, 2010 11:20, modificato 1 volta in totale.

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda bariumcaputmundi » mar mar 23, 2010 11:20


eh si purtroppo è l'assoluta vergognosissima verità! E ora dobbiamo pure sentirci minacciati dai leghisti fiancheggiati da un ministro delle Regioni leccese e rinnegato!
gianluca

Finché ci sarà M A T A R R E S E, diserzione ad oltranza!

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda bariumcaputmundi » mar mar 23, 2010 11:26


INDIANI D’AMERICA E BRIGANTI MERIDIONALI di Lucio Garofalo

Premessa

Non c’è dubbio che nel campo delle interpretazioni e delle valutazioni storiche, a maggior ragione nell’ambito dell’insegnamento della storia, sarebbe opportuno evitare atteggiamenti troppo faziosi, enfatici e dogmatici, per adottare un approccio possibilmente critico e problematico verso le questioni, i personaggi e i processi storici sottoposti allo studio e all’attenzione degli alunni.

Faccio tale puntualizzazione per far comprendere chiaramente il mio punto di vista rispetto alla materia. In classe non bisogna mai cercare di plagiare o manipolare le fragili menti (sempre aperte e ricettive) dei ragazzi, ma occorre assumere una posizione il più possibile lucida, serena e distaccata, per abituare le nuove generazioni ad esercitare l’arte benefica del dubbio e della critica. Una dote che in genere manca alle menti già formate, quindi chiuse e poco ricettive, degli adulti.

Questo è il compito precipuo delle istituzioni educative che concorrono alla formazione del libero cittadino, per mettere l’individuo in condizione di esprimere autonomamente i propri giudizi e compiere le proprie scelte. La scuola assume un ruolo che è ancora centrale e privilegiato in questa opera educativa, malgrado le enormi pressioni e la spietata concorrenza esercitata dai mezzi di comunicazione di massa, a cominciare dalla televisione e da Internet. Le cui potenzialità espressive, comunicative ed informative devono essere abilmente e sapientemente sfruttate dagli insegnanti.

Il Giorno della Memoria

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che in tal modo ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come data per la commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e dell’Olocausto. La scelta del giorno intende rievocare il 27 gennaio 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa giunsero ad Auschwitz, scoprendo il famigerato campo di concentramento, rivelando al mondo intero l’orrore del genocidio nazista. Il ricordo della Shoah, cioè lo sterminio del popolo Ebreo, è celebrato il 27 gennaio anche da altre nazioni, tra cui la Germania e la Gran Bretagna, così come dall’ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005. Il termine olocausto (dal greco holos "completo" e kaustos "rogo" come nelle offerte sacrificali) venne introdotto alla fine del XX secolo per indicare il tentativo compiuto dalla Germania nazista di sterminare tutti quei gruppi di persone ritenuti "indesiderabili" : Ebrei ed altre etnie come Rom e Sinti (i cosiddetti zingari), comunisti, omosessuali, disabili e malati di mente, Testimoni di Geova, russi, polacchi ed altre popolazioni slave. Il termine Shoah, che in lingua ebraica significa "distruzione" (o "desolazione", o "calamità", con il senso di una sciagura improvvisa e inaspettata), è un altro vocabolo usato per definire l’Olocausto. Molti Rom adoperano la parola Porajmos (« grande divoramento »), oppure Samudaripen (« genocidio ») per designare lo sterminio nazista. Aggiungendo agli Ebrei questi gruppi di persone il numero di vittime causate dal regime nazista è stimabile tra i dieci e i quattordici milioni di civili, e fino a quattro milioni di prigionieri di guerra. Oggi il termine “olocausto” viene impiegato anche per indicare altri casi di genocidio, avvenuti prima e dopo la seconda guerra mondiale, o più in generale, per designare qualsiasi strage volontaria e pianificata di vite umane, come quella che potrebbe risultare da un conflitto atomico, da cui deriva l’espressione "olocausto nucleare". Il termine olocausto viene talvolta adoperato per descrivere altri esempi di genocidio, specialmente quello armeno e quello ellenico che portò all’uccisione di 2,5 milioni di cristiani da parte del governo nazionalista ottomano dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1923.

Pellerossa e Meridionali

Con questo articolo vorrei rievocare la memoria di altre terribili esperienze storiche in cui sono stati consumati veri e propri eccidi di massa, troppo spesso dimenticati o ignorati dalla storiografia e dai mass-media ufficiali. Mi riferisco allo sterminio degli Indiani d’America e ai massacri perpetrati a danno dei “Pellerossa” del Sud Italia, vale a dire i briganti e i contadini del Regno delle Due Sicilie. Dopo la scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo nel 1492, quando giunsero i primi coloni europei, il continente nordamericano era popolato da circa un milione di Pellerossa raggruppati in 400 tribù e in circa 300 famiglie linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono nelle sterminate praterie abitate dai Pellerossa, praticarono una caccia spietata ai bisonti, il cui numero calò rapidamente e drasticamente rischiando l’estinzione totale. I cacciatori bianchi contribuirono così allo sterminio dei nativi che non potevano vivere senza questi animali, da cui ricavavano cibo, pellicce ed altro ancora. Ma la strage degli Indiani fu operata soprattutto dall’esercito statunitense che pur di espandersi all’interno del Nord America cacciò ingiustamente i nativi dalle loro terre attuando veri e propri massacri senza risparmiare donne e bambini. I Pellerossa vennero letteralmente annientati attraverso uno spietato genocidio. Oggi i Pellerossa non formano più una nazione, sono stati espropriati non solo della terra che abitavano, ma anche della memoria e dell’identità culturale. Infatti una parte di essi si è integrata completamente nella civiltà bianca, mentre un’altra parte vive reclusa in alcune centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in quello canadese.

Un destino simile, anche se in momenti e con dinamiche diverse , accomuna i Pellerossa d’America e i Meridionali d’Italia. Questi furono chiamati “Briganti”, vennero trucidati, torturati, incarcerati, umiliati. Si contarono 266 mila morti e 498 mila condannati. Uomini, donne, bambini e anziani subirono la stessa sorte. Processi manovrati o assenti, esecuzioni sommarie, confische dei beni. Ma noi Meridionali eravamo cittadini di uno Stato molto ricco. Il Piemonte dei Savoia era fortemente indebitato con Francia e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il governo della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo Benso conte di Cavour, progettò la più grande rapina della storia moderna : cominciò a denigrare il popolo Meridionale per poi ad asservirlo invadendone il territorio : il Regno delle Due Sicilie, lo Stato più civile e pacifico d’Europa. Nessuno venne in nostro soccorso. Soltanto alcuni fedeli mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all’ultimo sugli spalti di Gaeta, sino alla capitolazione. I vincitori furono spietati. Imposero tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di leva obbligatoria (che invece era già facoltativo nel Regno delle Due Sicilie) ; si comportarono vigliaccamente verso la popolazione e verso il regolare ma disciolto esercito borbonico, che insorsero. Ebbe così inizio la rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi repressive furono simili a quelle emanate a scapito dei Pellerossa. Le bande di briganti che lottavano per la loro terra avevano un pizzico di dignità e di ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno delle masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false e ingannevoli promesse concesse dal pirata massone e mercenario Giuseppe Garibaldi. Contrariamente ad altre interpretazioni storico-meridionaliste, non intendo equiparare il fenomeno del Brigantaggio meridionale alla Resistenza partigiana del 1943-45. Per vari motivi, anzitutto per la semplice ragione che nel primo caso si è trattato di una vile aggressione militare, di una guerra di conquista violenta e sanguinosa (come è stata del resto anche la guerra tra fascisti e antifascisti), ma che ha avuto una durata molto più lunga (un intero decennio) dal 1860 al 1870. Una guerra civile che ha provocato eccidi spaventosi, massacri di massa in cui sono stati trucidati centinaia di migliaia di contadini e briganti meridionali, persino donne, anziani e bambini, insomma un vero e proprio genocidio perpetrato a scapito delle popolazioni del Sud Italia. Una guerra che si è conclusa tragicamente dando inizio al fenomeno dell’emigrazione di massa dei meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche, paragonabile alla diaspora del popolo ebraico. Infatti, i meridionali sono sparsi e presenti nel mondo ad ogni latitudine, in ogni angolo del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di numerose nazioni : Argentina, Venezuela, Uruguay, Stati Uniti d’America, Svizzera, Belgio, Germania, Australia, eccetera. Ripeto. Se si vuole comparare la triste vicenda del Brigantaggio e della brutale repressione subita dal popolo meridionale, con altre esperienze storiche, credo che l’accostamento più giusto da suggerire sia appunto quello con i Pellerossa e con le guerre indiane combattute proprio nello stesso periodo storico, ossia verso la fine del XIX secolo. Guerre feroci e sanguinose che hanno provocato una strage altrettanto raccapricciante, quella dei nativi nordamericani. Un genocidio troppo spesso ignorato e dimenticato, come quello a danno delle popolazioni dell’Italia meridionale.

Nel contempo condivido in parte il giudizio (forse troppo perentorio) rispetto al carattere anacronistico, retrivo e antiprogressista, delle ragioni politiche, storiche, sociali, che stanno alla base della strenua lotta combattuta dai briganti meridionali. In politica ciò che è vecchio è (quasi) sempre reazionario. Tuttavia, inviterei ad approfondire meglio le motivazioni e le spinte ideali che hanno animato la resistenza e la lotta di numerosi briganti contro i Piemontesi invasori. Non voglio annoiare i lettori con le cifre relative ai numerosi primati detenuti dalla monarchia borbonica e dal Regno delle Due Sicilie in vasti ambiti dell’economia, della sanità, dell’istruzione eccetera, né intendo in tal modo esternare sciocchi sentimenti di inutile nostalgia rispetto ad una società arcaica, di stampo dispotico e aristocratico-feudale, ossia ad un passato che fu prevalentemente di barbarie e oscurantismo, di ingiustizia ed oppressione, di sfruttamento e asservimento delle plebi rurali del nostro Meridione. Ma un dato è certo e inoppugnabile : la monarchia sabauda era molto più retriva, molto più rozza, ignorante e dispotica, meno illuminata di quella borbonica. Il Regno delle Due Sicilie era indubbiamente molto più ricco, avanzato e sviluppato del Regno dei Savoia, tant’è vero che esso rappresentava un boccone assai invitante ed appetibile per tutte le maggiori potenze europee, Inghilterra e Francia in testa. Tuttavia, questo è un argomento vasto e complesso che richiederebbe un approfondimento adeguato.

Infine, concludo con una breve chiosa a proposito della tesi circa le presunte spinte progressiste incarnate dai processi di unificazione degli Stati nazionali nel XIX secolo e dello Stato europeo oggi. Non mi pare che tali processi abbiano garantito un reale, autentico progresso sociale, morale e civile, ma hanno favorito e generato quasi esclusivamente uno sviluppo prettamente economico. Voglio dire che l’unificazione dei mercati e dei capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo, o addirittura globale, non coincide affatto con l’unificazione e con l’integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali o nazionali.

Ovviamente, le forze autenticamente democratiche, progressiste e rivoluzionarie devono puntare a raggiungere il secondo traguardo.

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda YO74 » mar mar 23, 2010 11:32


mettici anche il saccheggio dei soldini dei Piemontesi al regno Borbonico, che stav fort fort...
http://it.wikipedia.org/wiki/Divide_et_impera


"Spinoza diceva che chi detiene il potere ha sempre bisogno che le persone siano affette da tristezza. Stasera siamo qui per regalarvi un pò di gioia, gioiaaaaa, gioiaaaaaaaaaa" ....
( Vasco Rossi )

La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.
( Arthur Schopenhauer)

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda bariumcaputmundi » mar mar 23, 2010 11:33


Cronologia Di Due Massacri
Post n°416 pubblicato il 25 Novembre 2009 da luger2

PELLEROSSA e MERIDIONALI DUE POPOLI A CONFRONTO
Di CARMINE PALATUCCI
Invasione del MERIDIONE
Regno Delle Due Sicilie

1861:
Invasione del Regno Delle Due Sicilie ad opera dei piemontesi senza nemmeno dichiarazione di guerra ; eccidio di Pontelandolfo e Casalduni ; assalto a Civitella Del Tronto e Messina con massacro dei familiari dei soldati borbonici ; insurrezioni popolari in tutto il Regno
1862 :
Massacro a Catania insorta ; la Puglia insorge per i soprusi dei soldati piemontesi.
1863 :
A S. Michele Di Fabriano fucilati i civili per rappresaglia ; perquisizioni in Sicilia e torture ai parenti dei filoborbonici ; operai massacrati nell' opificio di Pietrarsa.
1864 :
Espopriati i beni della Chiesa (al Meridione)per rilanciare l' agricoltura in Padania .
1865 :
Emanate leggi repressive contro il popolo Meridionale.
1860-1866 :
Fiera Opposizione del Vescovo d' AVELLINO ai metodi savoiardi ( Mons. GALLO fu Deportato in uno dei tanti LAGER per soli Meridionali , sulle Alpi ) ; Formazione delle Bande di BRIGANTI per contrastare l'esercito Invasore; i savoiardi mettono a ferro e fuoco la Sicilia, numerose Le donne che imbracciato il fucile diedero prova di coraggio e di Attaccamento alla propria TERRA.
1868 :
Massacrata la "BANDA GUERRA" TORTURATA MICHELINA DE CESARE; MUORE IN PRIGIONE MARIA CAPITANIO CATTURATE ARCANGIOLA COTUGNO E ELISABETTA BLASUCCI ; fucilata la "BANDA CICCONE".
1869 :
Si costituisce, deponendo le armi ai piedi del S.S.Salvatore in Montella (Av), la "BANDA CARBONE".

INVASIONE DELLE TERRE "PELLEROSSA"
Ad opera dei bianchi

1861 :
Terra bruciata intorno ai NAVAJO Inizio guerra contro gli APACHE.
1862 :
Guerra contro i SANTEE SIOUX.
1863 :
Guerra contro gli SHOSHONI.
1864 :
Massacro al SAND CREEK CHEYENNE.
1865 :
Massacro contro ARAPHAO ; Battaglia sul fiume Powder SIOUX .
1866 :
Battaglia torrente Peno (VARIE TRIBU').
1867 :
Resa dei PAIUTE.
1867-68 :
Custer (come Cialdini al SUD) MASSACRA CHEYENNE ed ARAPHAO.
1871 :
MASSACRO degli ARAVAIPA.
1872 :
Campagna contro i MODOC ; i Pellerossa in guerra per la salvezza del BISONTE sterminato dai bianchi per affamarli; Campagna contro APACHE.
1876 :
Attaccato pacifico villaggio OGLALA e CHEYENNE ; BATTAGLIA DI "LITTLE BIG HORN".
1877 :
TORO SEDUTO conduce la sua tribu' in Canada ; Fuga degli CHEYENNE dalla riserva per le misere condizioni di Vita. Fuga dei NASI FORATI ( vecchi , donne e bambini ) braccati Da tre eserciti Statunitensi.
1878 :
Scontro con gli UTE.
1879 :
Battaglia contro gli APACHE.
1879 :
Scontro per l' arresto di TORO SEDUTO


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gianluca

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda bariumcaputmundi » mar mar 23, 2010 11:41


27/10/2009
I Savoia e il Massacro del Sud
26/10/2009



di Nicola Bruno - 26/10/2009

ciano1.jpgUn titolo sicuramente forte, “I Savoia e il Massacro del Sud”, il libro-denuncia di Antonio Ciano, amministratore del Comune di Gaeta, una città sul mare, che domina l’omonimo golfo, dinanzi alle splendide isole di Ponza e Ventotene, immerse in un mare cristallino. Non è lì che lo incontriamo ma nella piazza principale di Suzzara, nel profondo nord mantovano, piazza intitolata a Giuseppe Garibaldi, dove è eretto un busto dedicato all’avventuriero nizzardo che sembra metterlo a disagio e dal quale sembra desideroso di allontanarsi il prima possibile. Suzzara è una cittadina industriale dove il giorno di festa è identico a quello di tutta la provincia italiana: gente ben vestita che prende l’aperitivo al bar, passeggia sui ciottoli della pavimentazione che si insinua tra una banca e l’altra, la chiesa principale, i locali dove tutto sa di atmosfera paesana. Siamo lì anche perché si terrà, all’interno della festa ufficiale, la Festa dell’Amicizia di quegli emigranti che non provengono da fuori Europa ma solo da poche centinaia di chilometri più a sud. Cerchiamo invano lo stand del Partito del Sud nella piazza principale perché l’amministrazione comunale ha deciso di destinargli una via secondaria, alle spalle dell’agorà cittadina. Già, Garibaldi sembra quasi essere a disagio davanti alla bandiera bianco-gigliata del fu Regno delle Due Sicilie, anche dopo quasi 150 anni.
Sensi di colpa per le promesse non mantenute?
Ma torniamo a Gaeta, città dove ancora oggi si vedono le ferite devastanti delle cannonate piemontesi inferte dal generale Cialdini, dove l’80% dei beni è demaniale, cioè requisito dallo Stato Italiano allora in mano ai Savoia, dove è nato Ciano e di dove è originaria anche la famiglia di Antonio Gramsci, quel Gramsci che fu severo critico della politica militare italiana nel sud peninsulare: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti. (da L'Ordine Nuovo, 1920). Le cannonate piemontesi su Gaeta hanno avuto, per Ciano, oltre che il fine di cacciar via dalla sua terra il re Francesco II, anche quello di umiliare una città che non si era arresa all’invasore. Ma perché, chiediamo, i Piemontesi hanno fortemente voluto questa unità politica ed economica del territorio italiano, anche a costo di fare strage di altri italiani? Per l’autore la risposta è semplice: dietro il Piemonte si nascondeva un grande burattinaio, l’Inghilterra. L’unità è stata voluta dalla massoneria inglese per acquisire un’area commerciale di importanza vitale per i nuovi capitalisti inglesi, per avere campo libero nel Mediterraneo, anche in vista di un controllo esclusivo delle rotte commerciali attraverso il Canale di Suez. Il Regno delle Due Sicilie aveva una emigrazione pari a zero mentre dopo l’unità è avvenuta una diaspora quantificabile in circa trenta milioni di duosiciliani. Del resto, il re Ferdinando II, padre di Francesco II, aveva già proposto una nuova Italia federale con il Papa a capo ma il Piemonte si era affrettato ad ostacolarne le trattative perché fortemente indebitato a causa della sua politica guerrafondaia e non ne avrebbe ricavato nessun vantaggio economico: l’Inghilterra di Lord Palmerston ordinò una soluzione di tipo centralistico che avrebbe consentito al Piemonte di essere leader e di sanare la propria economia disastrata drenando risorse da Napoli e Palermo. Già, l’economia. Le guerre hanno sempre avuto ragioni economiche, quindi perché questa profusione di denari, sovvenzioni e stragi dovrebbe sottrarsi alla legge universale del danaro? E qui Antonio Ciano attacca la storiografia ufficiale, proponendo una verità desumibile dagli scritti di Francesco Saverio Nitti e da una miriade di altre fonti oltre che da esperienza diretta: nel Sud peninsulare, quello, per intenderci che va dal Lazio meridionale e dall’Abruzzo fino alla Sicilia, la tassazione era mite e colpiva soprattutto i ricchi, non i contadini. Questi ultimi, inoltre, potevano usufruire gratuitamente delle terre demaniali per uso civico, affermazione che nega l’assunto, reperibile nei libri scolastici dei nostri figli, secondo il quale i territori nel sud Italia fossero in mano ai latifondisti. Il Sud era altamente industrializzato per l’epoca e la Calabria era l’area più ricca d’Europa. Quanto al Piemonte, esso era lo stato più povero e indebitato d’Europa, con un altissimo tasso di mortalità per pellagra e carbonchio. E l’eroe dei due mondi, chiedo allora? Garibaldi ha affamato Napoli e il Sud, insieme ai garibaldini meridionali come Crispi, finiti per ottenere agi, privilegi e posti di rilievo nel mondo politico di allora. L’Italia per Ciano non è mai stata unita: è stata una dittatura feroce condotta da una famiglia francese: i Savoia. Al Sud la guerra di resistenza, chiamata “lotta al brigantaggio” dalla storiografia ufficiale, è costata un milione di morti tra fucilazioni, deportazioni e paesi rasi al suolo. I piemontesi e i Savoia si sono comportati peggio dei nazisti nei confronti degli italiani del Sud. 150mila soldati inviati a Sud a massacrare la popolazione alla ricerca della libertà, più i soldati meridionali deportati nei lager come quello di Fenestrelle e lì lasciati morire di fame, freddo e stenti e sepolti nella calce viva per cancellarne ogni traccia. L’operazione coloniale in Libia da parte del fascismo è stata dunque coerente con la politica savoiarda di sempre: quindi se si vuole davvero unire l’Italia, per Ciano occorre cancellare i Savoia e le leggi piemontesi dalla nostra storia.
Il Sud in 150 anni è stato colonizzato e desertificato: ogni anno 150000 meridionali abbandonano le proprie terre. Un tempo i cittadini del Sud avevano un reddito 4 volte superiore ai cittadini del Nord: i dati son ancora accessibili nel lavoro di Francesco Saverio Nitti. Le industrie, con l’annessione forzata, furono smantellate e portate al Nord: tra esse le acciaierie di Mongiana in Calabria e l’opificio di Pietrarsa a Napoli dove gli operai furono massacrati dai bersaglieri durante uno sciopero.
Negli ultimi 50 anni per calmierare la desertificazione economica si è operato tramite le grandi aziende pubbliche che hanno dato lavoro ma con le ultime privatizzazioni anche questi “ammortizzatori sociali” hanno perso efficacia. Le banche del Sud, come il Banco di Napoli e quello di Sicilia, non esistono più se non nominalmente, essendo state assorbite definitivamente da banche con sede nelle regioni settentrionali.
Nella guerra di conquista, oltre che l’alta finanza, un ruolo fondamentale l’hanno giocato le associazioni mafiose e camorristiche dell’epoca: la Mafia appoggiava i grandi proprietari a loro volta alleati con i Piemontesi. E’ in questi anni e in questi avvenimenti che si devono ricercare le ragioni del consolidarsi dei poteri mafiosi nel sud Italia.
“I Savoia e il Massacro del Sud” è stato negli anni osteggiato ed è costato anni di processo all’autore, pur essendo il libro stato recensito e pubblicizzato da quotidiani di rilievo nazionale come il Corriere della Sera. Potremmo aggiungere che il suo libro non è l’unico del filone: Lorenzo Del Boca, un piemontese, concorda con i dati di Ciano – da 700mila a un milione di morti conseguenti all’invasione piemontese, tra fucilati e uccisi in battaglia. Cialdini, il generale emiliano incaricato della repressione della reazione popolare, definita dai piemontesi Brigantaggio, fu un autentico macellaio, al cui confronto le malefatte dei nazisti perdono di consistenza. Cialdini fu artefice di stragi di intere popolazioni, interi paesi rasi al suolo solo perché gli abitanti erano sospettati di collaborare con i cosiddetti briganti.
Non poteva mancare, nella nostra intervista, un commento sulla Lega Nord e la cosiddetta “questione settentrionale”, una definizione dinanzi alla quale l’autore si lascia sfuggire un sorriso ironico. Ciano giudica intelligente la politica leghista, vantaggiosa per gli industriali del nord, certo non per il popolo delle regioni settentrionali. Il federalismo fiscale porterà il gettito IVA tutto al nord perché le sedi legali delle aziende nazionali sono tutte lì ubicate. Si tratta di un partito che riesce persino a finanziare i partiti suoi alleati del Sud come l’MPA di Lombardo, un partito che finge di applicare una autonomia che la Sicilia già ha. Per non parlare poi dei fondi FAS, dirottati dal Sud al Nord per pagare i debiti dei produttori di latte settentrionali e per sostenere il deficit di Malpensa: dov’è dunque il famoso assistenzialismo, si chiede lo scrittore, di cui tanto si parla in Italia? Non certo a Sud. La Lega è il partito che fa dell’assistenzialismo per gli imprenditori del nord il proprio cavallo di battaglia. Destra e Sinistra hanno sempre avuto, secondo Ciano, lo scopo di trasferire risorse al nord. La stessa Cassa del Mezzogiorno è stata un bluff: l’89% era a vantaggio di quegli industriali del nord che aprivano fabbriche a sud per chiuderle poco dopo intascando i fondi. Le infrastrutture a Sud, lo scopo della Cassa, erano solo uno specchietto per le allodole. E qui cita Gennaro Zona e il suo libro “Come ti finanzio il Nord”. Il Nord Italia era del tutto privo di industrie, povero e in condizioni igienico-sanitarie pessime, come testimoniato anche dal Manzoni ne “I promessi sposi”, mentre a sud vi erano fabbriche che contavano anche 4.500 impiegati, come la Tozzinelli in Terra di Lavoro, quando a Milano la manifattura La Fonte, la più grande della città, contava 450 operai. Il drenaggio fiscale ha poi portato ricchezza al Nord, invertendo gli equilibri e il modello mitteleuropeo ha poi fatto da paradigma. Un altro espediente utilizzato per dirottare fondi da Sud a Nord è stato quello della Banca di Sconto durante il ventennio fascista, che godeva dei fondi di 400mila emigrati meridionali all’estero, rastrellati dagli industriali del nord, infine fatta fallire mandando sul lastrico i lavoratori. Ancora oggi Ciano vede la politica economica del nord Italia come parassitaria, basata sulla notevole differenza del costo del danaro applicato dalle “banche nordiste” e sul conseguente caro prezzo pagato dai meridionali quando accedono al credito. Ecco perché, sempre secondo Ciano, Mafia e Camorra prosperano.
E le gabbie salariali? L’ennesima forma di razzismo: pagare meno per lo stesso tipo di lavoro non ha nessuna ragione logica. Sulla disparità del costo della vita c’è poi molto da discutere: l’accesso al credito e le assicurazioni sono molto più care al sud come lo è anche fare la spesa, come testimoniato dalla recente indagine di Altroconsumo. È l’ennesima boutade razzista della Lega Nord per rastrellare voti.
Per Ciano se il Sud fosse indipendente avrebbe buone possibilità di crescita. Inoltre un Sud autonomo potrebbe controllare meglio i rifiuti provenienti dal nord e magari rispedirli al mittente.
E’ il Sud a volere il federalismo, quello che potrebbe eliminare la burocrazia e applicare una fiscalità autentica e non immaginata.
L’auspicio del nostro autore è quello che gli italiani tutti si riapproprino della verità storica, perché solo attraverso la verità si potrà arrivare al rispetto reciproco e ad una rifondazione del concetto di italianità.

da: http://www.ilmattatoio.it/
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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda bariumcaputmundi » mar mar 23, 2010 11:47


Il massacro del Sud

e .....GLI ULTIMI SAMURAI &

di
Antonio Ciano

Teste Mozzate

ancora sanguinolenti di contadini esposte all’ingresso di Isernia in gabbie di vetro come monito dei savoiardi alla Popolazione. Questo era quello che i Savoia intendevano come civiltà e progresso.

La prima tratta ferroviaria in Italia è stata la Napoli Portici

Tempo fa lessi un libro interessante scritto da Antonio Ciano, intitolato "Il massacro del sud", ed in me si ridisegnò immediatamente un nuovo percorso di quello che per anni a scuola avevamo studiato. Il primo mio pensiero andò all’impresa dei mille, che mi era sempre parsa assurda già dalle elementari, infatti anche se poco più che bambino pensai… ma con Mille Uomini …, ma dove vai…, poi ho scoperto che a scortare Garibadli vi era la flotta di Napoleone III con cui i Savoia erano indebitati per la guerra con la Prussia. Il tempo e la ricerca mi diedero una nuova consapevolezza, di quelle montagne di bugie raccontate dai tanti libri, che dicono e raccontano quanto e più comodo. Non ho intenzione di persuadere nessuno, ma penso che questi documenti storici introduttivi diano un senso immediato di un Elemento Chiave:

Per capire basterà dare una sola occhiata a queste cifre documentate su:

Francesco Saverio Nitti, Scienze delle Finanze. Pierro, 1903. Pag. 292.


LE MONETE DEGLI ANTICHI STATI ITALIANI AL MOMENTO DELL'ANNESSIONE

AMMONTAVANO A 668 MILIONI COSÌ RIPARTITI


REGNO DELLE DUE SICILIE MILIONI 443,2


LOMBARDIA » 8,1


DUCATO DI MODENA » 0,4


PARMA E PIACENZA » 1,2


ROMA » 35,3


ROMAGNA - MARCHE E UMBRIA » 55,3


SARDEGNA » 27,0


TOSCANA » 85,2


VENEZIA » 12,7


TOTALE » 668,4


IL REGNO DELLE DUE SICILIE AVEVA DUE VOLTE PIÙ MONETE DI TUTTI GLI ALTRI STATI DELLA PENISOLA UNITI ASSIEME



domanda : dove sono finiti questi soldi ?

Risposta: Nelle casse del ricco Nord e nella civilissima Francia.


DAL PRIMO CENSIMENTO DEL REGNO D'ITALIA DEL 1861 LA POPOLAZIONE OCCUPATA ERA:

COMPART. TERRITORIALE -INDUSTRIA - AGRICOLTURA - COMMERCIO -

PIEMONTE E LIGURIA 345.563 1.341.867 110.477

LOMBARDIA 465.003 1.086.028 103.543

PARMA E PIACENZA 66.325 186.677 10.915

MODENA, REGGIO E MASSA 71.759 242.248 15.530

ROMAGNA 130.062 357.867 28.360

MARCHE 16.344 381.966 18.747

UMBRIA 42.291 248.069 7.104

TOSCANA 266.698 571.409 59.057

PROV. NAPOLETANE 1.189.582 2.569.112 189.504

SICILIA 405.777 564.149 82.556

SARDEGNA 31.392 159.239 8.645

TOTALE 3.130.796 7.708.631 634.438




IL NUMERO DEI POVERI

COMPART. TERRITORIALE POPOLAZIONE POVERA PERCENTUALE

PIEMONTE E LIGURIA 35.281 1,00

LOMBARDIA 51.942 1,67

PARMA E PIACENZA 1.510 0,32

MODENA, REGGIO E MASSA 9.534 1,51

ROMAGNA 21.931 2,11

MARCHE 11.451 1,30

UMBRIA 10.955 2,14

TOSCANA 33.456 1,83

PROV. NAPOLETANE 90.844 1,34



SICILIA 33.890 1,42

SARDEGNA 4.550 0,77

TOTALE 305.343 1,40


LE MAGGIORI CITTÀ N. ABITANTI

TORINO 204.715

MILANO 196.109

GENOVA 127.986

FIRENZE 114.369

BOLOGNA 109.395

LIVORNO 96.471

REGGIO EMILIA 50.371

PIACENZA 39.387

NAPOLI 447.065

ROMA 194.587

PALERMO 194.463

ALESSANDRIA 56.545

ANCONA 46.090

BRESCIA 40.499

MESSINA 103.324

Domanda: Tutti gli occupati, il lavoro, le persone, che fine anno Fatto?

Risposta : materializzatesi al Nord e nel resto del mondo con tutto il resto.



Nota

Provate a mettere del cibo poco distante da un formicaio, vi accorgerete di un incredibile flusso migratorio di migliaia di Formiche che cercano solo di potere sopravvivere all'inverno...non c'è altro.



Ma tutta questa ricchezza del Meridione dove è Finita?


Perché l’industria al nord ha conosciuto una notevole crescita dopo il 1860, ed il sud un' Emigrazione titanica mai avvenuta nei secoli precedenti?


Perchè dopo anni ancora la questione meridionale è ancora viva?

Sembra la sceneggiatura de "L'Ultimo Samurai" in cui al nobile Kazumoto non resta altra scelta che immolarsi per il proprio Ideale su un campo di battaglia ad armi Impari.

Le Atrocità:

Foto a Sinistra

Il generale Enrico Cialdini nel 1860 attaccò Gaeta senza dichiarazione di Guerra e la distrusse con 160.000 bombe. Nell’agosto del 1861 su responsabile dell’eccidio di Pontelandolfo e di Casalduini. Un criminale di guerra o un eroe della patria?

Foto a Destra


Antonio Curcio di Aversa fucilato nel 1870. La foto lo ritrae già morto in una macabra messa in scena.

Il Regno delle Due Sicilie fu invaso da avventurieri, opportunisti e traditori e dall'esercito piemontese zeppo di mercenari, senza alcuna dichiarazione di guerra. Ed i fratelli uccisero i fratelli.


Ciano piange lacrime vere di rabbia e scrive di impotenza nei confronti dei barbari che stuprarono e massacrarono senza pietà i Napoletani, fossero essi Calabresi, Siciliani, Lucani, Abruzzesi, Molisani, Pugliesi, o soltanto cittadini della capitale di un Regno che non esiste più.

Figure romanzate di tanti briganti condannati ad essere tali dai vincitori e da tutta una storiografia risorgimentale di parte, che esalta i pochi vincitori e distrugge, annienta e cancella i più.

Quando i reggitori di questa Repubblica avranno il coraggio di togliere il segreto di Stato che ancora chiude nei polverosi sotterranei dei Ministeri dell'Interno e della Guerra, i centomila documenti cartacei e fotografici della carneficina risorgimentale, il popolo del Sud potrà ritrovare finalmente se stesso e riuscirà a dare una risposta decisa e conclusiva all'antistato che ancora serpeggia violento e senza sosta in quasi tutti i luoghi che in quel tempo orrendo furono teatro di massacri indiscriminati di donne, bambini ed umili contadini; di scempi, di rapine, di fucilazioni, di violenze ingiustificate. Vinse il più forte ed il più violento, il Nord che inculcò in quegli uomini la legge del più forte.

Oggi Napoli mostra tutto il suo splendore monumentale e museale che ha poche città pari, in Europa e nel mondo intero, grazie alla fiera, saggia e cristiana arrendevolezza di un docile Re meridionale che era tagliato a misura storica per convivere, con le altre nazioni italiane, in una Confederazione di Stati liberi e sovrani.

Foto a Sinistra

Generale Ferdinado Pinnelli insignito di medaglia d’oro al valor militare dal governo Piemontese, tra Abruzzo e Molise trucido Migliaia di Contadini. Nell’Ascolano Bruciò vivo un Ragazzo e fece fucilare 6 sacerdoti perchè secondo il suo giudizio tutti i sacerdoti erano Reazionari. A Zizzoli e San Vittorino ricordano ancora la sua Immonda e Bestialità in quanto carnefice di spietato nell’ordine di fucilazione di centinaia di Inermi Contadini.

Foto a Destra

Nicola Napoletano, operava sulle montagne dell’Irpinia ucciso a Freddo dallo stesso Bersagliere Savoiardo che ne mostra il macabro Trofeo.


Il Mezzogiorno d'Italia ancora non ha riscattato dall'oblìo generale la giusta memoria storica di un popolo che è stato massacrato da criminali di guerra assolti agli altari dell'onore italiano quando invece dovrebbero essere condannati dalla storia e dagli uomini di un'Italia rimasta sempre divisa e mai risarcita di perdite, massacri, stupri, bombardamenti, uccisioni sommarie commesse da chi non ha rispettato né vincoli di sangue né credo religioso.

Visione agghiacciante di uomini e donne massacrati da una calcolata guerra di conquista condotta in nome di un ideale condiviso da pochi ma combattuto dai più. Lì i fratelli uccisero i fratelli. Lì l'odio prese il sopravvento e creò le premesse per uno scadimento sociale ed economico che ancora oggi mostra i segni e crea divisioni, ancora oggi fa riaffiorare il verme del razzismo e dell'egoismo.

Più amara della sconfitta è stata la falsa storia raccontata dai prezzolati sabaudi. Più forte dunque è lo sdegno e l'invettiva quando ognuno verifica quello che si sussurrava senza riscontri probanti.


Ecco come in questi centotrenta anni si sono rafforzati tutti i poteri criminali e violenti che si sono opposti allo Stato penetrando nello Stato stesso. Nuova teoria? No, solo una constatazione che tuttavia non è pura e semplice coincidenza.

E vero che sugli sconfitti, da più di un secolo, è sceso un velo, ma deve essere rimosso: a quegli eroi bisogna dare ufficialmente onore e dignità. A tutti i nostri eroi.
Questo non è stato fatto. Tutto è stato aggravato dalla guerra civile e da una arrendevole e vigliacca piaggeria di leccaculi ed opportunisti di turno che resero più grande e triste la tragedia degli sconfitti che a migliaia poi per sfuggire alla polizia piemontese cominciarono ad emigrare o a rifugiarsi sui monti e nelle selve, diventando "briganti".




Foto a Sinistra

La bellissima Michelina De Cesare, fucilata dopo essere stata Torturata fu una delle eroine delle numerevoli donne impegnate nella dura lotta contro i Savoiardi.

Foto a Destra



Domenico Fuoco Tagliapietre di San Pietro, Caronte e Ventre, due Partigiani della banda di Francesco Guerra, fucilati nell’agosto del 1870 e Spogliati delle divise Borboniche.

Oggi il tribunale del mondo avrebbe passato per le armi i capi di quel massacro ed eroicizzato Franceschiello, il giovane Re Francesco II, eroe di Gaeta.

Noi diciamo che la grandezza del Duca di Calabria sta soprattutto nella decisione di abbandonare Napoli perché "le sue ricchezze appartengono alle generazioni future e non devono subire le rovine dei bombardamenti di chi ha invaso un Regno pacifico e libero".


Il libro, che nelle prime pagine evoca e caldeggia la nascita di un grande movimento meridionale che ha trovato spazio e sostenitori in tutto il Sud e che mi spinge alla prefazione di questa seconda edizione, nel tratteggiare la romanzata ed eroica figura di Martummé e della sua sposa che moriranno proprio il giorno della consacrazione nuziale vuole rendere omaggio agli umili ed ai diseredati, descrive i terribili avvenimenti che dal 1860 a 1870 videro i combattenti "reazionari" chiamati briganti, issare sui municipi dei comuni napoletani il giglio borbonico e distruggere il vessillo sabaudo.

Si piange per le gesta sanguinarie che seguirono senza requie, per una popolazione che, perduto il suo re, se ne era visto imporre un altro con la forza delle armi e con la falsa e leggendaria figura di un Garibaldi che poi, subito dopo a Teano, "fu ritirato" amaro e pensoso a Caprera.


E forse anch'egli dovette ripensare "le mobili tende ed i percorsi valli" ed interrogarsi sulla vera gloria o sulla infame persecuzione. I posteri che sentenziano siamo noi. E se la sentenza è ardua, tuttavia noi stiamo con Gramsci, con Alianello e tutti i grandi nomi della vera storia post-risorgimentale non per piangerci addosso ma per ritrovare nelle nostre radici, nel nostro passato, la forza di ridare grandezza al nostro Mezzogiorno, spiegando a noi stessi ed agli altri, soprattutto a quelli che hanno insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado la leggenda e non la storia, che occorre ritrovare la verità per costruire un avvenire migliore ed occorre avere il coraggio di dire la verità su quegli anni dell'Ottocento borbonico per capire che siamo stati oggetto di oscura rapina, e che anche oggi siamo oggetto di altrettanto oscuri disegni.

Rendendo giustizia ai vinti riscopriremo con più vigore il nostro orgoglio di uomini del Sud, perché dalle ceneri del passato rinasca l'orgoglio dei nostri figli meridionali comunque, anche se spierti nel mondo... con i loro nonni ed i loro genitori, per una patria grande e piegata, per un pezzo di pane nero, ma con meno lacrime... dei loro eroici antenati.

Tutti insieme dovremo essere capaci di dare speranze e certezze ai nostri figli, la possibilità di un lavoro dignitoso e duraturo, la capacità di discernere nella scala dei valori le cose serie da quelle più caduche e fuggevoli; in concreto, più creatività e non solo concerti e discoteche.

Lucio Barone
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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda bariumcaputmundi » mar mar 23, 2010 11:49


La Resistenza Borbonica

La conquista del Regno delle Due Sicilie da parte dei piemontesi, realizzata con l'appoggio indiretto ma concreto della Francia e della Gran Bretagna provocò, fin dai primi giorni, e poi per anni successivi, numerose ribellioni delle popolazioni del Regno in favore dell’ormai ex sovrano Francesco II. Queste insurrezioni misero in difficoltà i garibaldini, l'esercito e il governo piemontese nei primi anni del Regno d’Italia. I libri di storia, che comunque hanno formato l'opinione storica degli italiani su questi avvenimenti, chiamano le rivolte di popolo con il termine, forse troppo riduttivo di "brigantaggio" borbonico.
Molte volte si trattò di grandi rivolte popolari, spesso soffocate da Torino con metodi durissimi. Le cause di questa controrivoluzione popolare sono da ricercare in due principali motivazioni: sicuramente una di queste è rappresentata dal rispetto che ormai le popolazioni meridionali avevano nei confronti dei Borboni e nell’intolleranza che queste genti avevano nei confronti degli invasori piemontesi.
- la rivolta ha inizio nell'agosto del 1860, subito dopo lo sbarco dei Mille: nel complesso, al culmine della guerra le bande comandate da capi raggiunsero il numero di 350, coinvolgendo decine di migliaia di persone, delle quali ne morirono fra le 20.000 e le 70.000; il Regno d'Italia, da parte sua, dovette inviare in loco fino a 120.000 soldati per reprimere la guerriglia; nella primavera del 1861 la rivolta divampa in tutto il Regno peninsulare; in agosto è inviato a Napoli con poteri eccezionali il generale Enrico Cialdini: inizia una delle più spietate repressioni militari della storia, fatta di eccidi e distruzioni di paesi e centri ribelli, di fucilazioni e incendi, di saccheggi e incitazioni alla delazione, e di distruzioni di casolari e masserie, compresa l'eliminazione del bestiame dei contadini per la loro rovina materiale; particolare attenzione è data alla guerra psicologica, con proclami fatti di terribili minacce (sempre per altro puntualmente messe in atto) accompagnati da foto di ribelli trucidati con famiglie, ecc., al fine di terrorizzare i "manutengoli", cioè coloro che aiutavano i ribelli; poi arriva la proclamazione dello Stato d'assedio nel 1862: quasi l'intero Regno (compresa la Sicilia senza alcun motivo) è posto sotto legge marziale; poi si ha nel 1863 la Commissione parlamentare di Inchiesta sul Brigantaggio (Massacri), voluta sì dalla Sinistra - che denunciava gli orribili massacri di contadini perpetrati con il consenso del Governo - ma al fine di screditare la Destra e mettere il Meridione in mano a Garibaldi; la Destra prima la ostacolò, poi la manipolò, e incolpò del "brigantaggio" a Francesco II e a Pio IX. "Brigantaggio" e repressione dureranno in ogni modo fino al 1870, e i dati generali sono agghiaccianti; in realtà la resistenza non fu solo armata, ma ebbe carattere anche "civile": vi fu un'opposizione condotta a livello parlamentare, le proteste della magistratura, che vede cancellate le sue gloriose e secolari tradizioni, il malcontento della popolazione cittadina, l'astensione dai suffragi elettorali, il rifiuto della coscrizione obbligatoria e l'emigrazione crescente.Già in ottobre 1860 iniziò la spietata repressione. Il gen. Cialdini con un proclama dava inizio alle fucilazioni. Il 23 ottobre usciva un bando che sanciva la competenza dei tribunali di guerra speciali per i reati di brigantaggio; fu proclamato lo stato d'assedio di quelle zone, e la fucilazione istantanea per chi fosse colto con le armi in mano. Si fucilava nell'Aquilano, anche coloro che erano solo sospetti di aiutare i briganti o coloro che insusero con parole o atti i Savoia o la bandiera. A Torino la preoccupazione era generale e profonda, e così nel luglio del 1861 Cialdini venne nominato Luogotenente e unificò nelle sue mani il potere civile e militare. Già a fine agosto v'erano nel Meridione 40.000 soldati in armi, in ottobre 91 battaglioni, di cui 37 solo a Napoli, in dicembre si arrivò a 50.000 uomini. Il terrore repressivo non conobbe più limiti. Centinaia di persone venivano fucilate in continuazione. Decine di scontri con relativi massacri di briganti e popolazioni. Il quadro che ne esce è impressionante: tutto il Meridione peninsulare era sotto guerriglia, decine i capi banda, decine le zone sottoposte a rivolta. Tutto il Mezzogiorno fu dichiarato in "stato di brigantaggio" e posto quindi in stato d'assedio; tribunali militari di guerra vennero istituiti un po' ovunque, i tribunali militari giudicavano, sotto il solo sospetto i partecipanti a bande armate sanzionando la resistenza armata con la fucilazione (carcere duro a vita in caso di attenuanti), mentre i favoreggiatori (i cosiddetti "manutengoli") venivano condannati ai lavori forzati a vita. In più il governo aveva facoltà di inviare a domicilio coatto oziosi, vagabondi, sospetti, camorristi e, soprattutto, di istituire corpi armati di volontari per la repressione del "brigantaggio".

Rielaborazione dal sito: www.realcasadiborbone.it/ita
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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda bariumcaputmundi » mar mar 23, 2010 12:04


La Lega, il Sud e la questione morale
Pubblicato da Domenico De Simone alle 09:27 in Attualità

Michelina Di Cesare

Fa bene Galli Della Loggia a ricordare dalle colonne del Corriere, il rapporto stret­tissimo che inevitabilmente esiste tra sto­ria e politica. L'occasione è il dibattito aperto da qualche settimana su cultura e politica e la risposta alla lettera di un giovane leghista che la redazione del Corriere ha deciso di pubblicare. Questa lettera è ampiamente condivisibile : non ci sono molte ragioni per essere orgogliosi di essere italiani e il ragazzo le espone con pacata chiarezza sostenendo quel federalismo che, se fosse stato fatto centocinquant'anni fa, ci avrebbe risparmiato tanti problemi.

Mancano però alcuni elementi essenziali a proposito di storia e politica, che lo studente leghista non conosce perché nessuno glieli ha mai raccontati. A scuola, infatti, si parla di altro.

Né Galli Della Loggia, contrariamente alle sue abitudini, fa chiarezza su queste omissioni, anzi rivendica orgogliosamente il ruolo propulsore verso la libertà e il progresso che ha avuto in Italia il Risorgimento, pur con tutti i suoi errori e forzature.

Quella che vedete nelle fotografie si chiamava Michelina Di Cesare e fu una partigiana contro l'invasore piemontese. Dopo aver condotto insieme al suo uomo, Francesco Guerra, ex soldato dell'esercito Napoletano, innumerevoli azioni di guerriglia, nel 1868 fu uccisa insieme ai suoi compagni, in uno scontro a fuoco contro il 27° Fanteria sul Monte Morrone.

Michelina Di CesareIl suo corpo nudo e martoriato fu esposto nelle piazze dei paesi della zona, a monito della ferocia della repressione sabauda.

Nessuna città italiana ha dedicato una piazza o una via o una targa alla memoria di una donna che ha combattuto per la sua terra.

Già perché Michelina Di Cesare era una brigantessa, e non una combattente. Come le altre decine di migliaia di soldati, contadini, operai, lazzari e quant'altro delusi dalle promesse riforme mancate o fedeli al loro Re ed alla loro patria che nei trent'anni successivi all'Unità d'Italia hanno combattuto e sono morti per la loro causa.

Non era una causa giusta, anzi non era nemmeno una causa. Su di loro l'oblio e l'infamia dell'appellativo di briganti, di bestie, di ladri e di assassini. E certe espressioni razziste ancora oggi di gran voga derivano forse dai giudizi sprezzanti che il Generale Cialdini esprimeva tra l'altro in una lettera a Cavour: «Questa è Africa! Altro che Italia! I beduini, a riscontro di questi caproni, sono latte e miele». Per lui i meridionali erano poco meno che umani. Gli spagnoli hanno fatto peggio, hanno impiegato 150 anni per considerare umani gli indios.

Nemmeno i loro parenti potevano ricordarli: essere parente di un brigante significava esserne complice. Bisognava vergognarsi della loro stessa esistenza. Per decenni i meridionali sono stati tutti briganti e ancora oggi è così: dal sud vengono corruzione, latrocinio, illegalità diffusa, insomma la maggior parte dei guai dell'Italia già Sabauda ed ora repubblicana. Bisogna vergognarsi di essere meridionali, soprattutto in certi luoghi del nord, dove il razzismo nei confronti delle genti del sud, grossolanamente accomunati tutti nell'appellativo dispregiativo di meridionali, è più diffuso e nasce proprio da quel periodo. Non è cambiato molto da allora: ogni tanto qualche bello spirito pensa che per risolvere la questione meridionale la cosa migliroe da fare è spedire l'esercito a mettere un po' di ordine. Cambiano i generali e i soldati, ma la sostanza cambia poco.

Ha ragione Gallli della Lggia a ricordare che grazie all'Unità d'Italia in Veneto fu abolito "il processo «statario», in base al quale si era mandati a morte nel giro di 48 ore da una corte marziale senza neppu­re uno straccio di avvocato". Dimentica però che in tutto il sud fu applicata la Legge Pica, che era peggio del processo statario e che grazie ad essa decine di migliaia di persone fuono fucilate senza l'ombra di un processo, suscitando l'indignazione di mezza Europa.

Quindi niente vie e niente piazze per Michelina, né per Guerra né per Tulipano, né per Crocco e gli altri patrioti, ma l'oblio, il disprezzo, l'infamia. E la menzogna.

Perché i veri ladri sono stati quelli che hanno rapinato le risorse del sud gettandolo nella miseria e nella disperazione, da quelle finanziarie che erano venti volte quelle del Piemonte, a quelle industriali, agricole, umane. Perché gli assassini erano i Cialdini, i Cadorna, i Negri che hanno ordinato e perpetrato massacri vergognosi e che tuttora vengono onorati e ricordati nelle loro città come uomini d'onore che hanno fatto l'Italia.

Perché i corruttori erano nelle file di quei massoni piemontesi che hanno corrotto l'intero stato maggiore dell'esercito borbonico per non farlo combattere contro Garibaldi. Che era uno che credeva all'Unità d'Italia e non allo stupro ed al massacro di intere nazioni e che quando provò ad opporsi fu preso a fucilate dai bersaglieri sull'Aspromonte.

Perché in tutto il mezzogiorno furono premiati dai piemontesi l'ipocrisia, il conformismo, il tradimento, la corruzione e la vigliaccheria.

E su queste basi etiche è stata fondata l'Unità d'Italia nel sud. E cosa poteva venirne fuori se non una società dominata dal formalismo, dall'ipocrisia, dalla falsità, dalla vigliaccheria, dalla corruzione? Nella quale le persone per bene vengono considerate stupide perché i comportamenti delinquenziali sono premiati? Nella quale il coraggio, la determinazione, l'amore per la patria, vengono esecrati e disprezzati?

E allora se davvero vogliamo fare l'Unità d'Italia, occorre ripartire da qui, dal restituire dignità ed onore a chi si è battuto per la patria ed esecrazione a chi ha tradito, si è fatto corrompere, ha corrotto, ha rubato, ha ucciso senza giustificazione alcuna.

Il problema nel Mezzogiorno non è economico: le risorse della gente del sud sono sovrabbondanti, ci sono sempre state e sono maggiori che nel nord. Il problema è morale, e la questione morale nel mezzogiorno parte da queste cose elementari.

Per dire a tutti che il vento è cambiato, occorre partire rimettendo in piedi il rapporto tra etica e politica, occorre riprendere la memoria di quei fatti e di quelle persone. Cominciando ad esempio a smetterla di definirli briganti. L'occasione è in arrivo, ci sono i festeggiamenti per i 150 anni dall'unità d'Italia. La dignità, è questo il valore che deve essere restituito alle genti del Sud, la dignità e la memoria.

Perché si può ingannare qualcuno per sempre, e tutti per un po' di tempo. Ma non si può ingannare tutti per sempre.
gianluca

Finché ci sarà M A T A R R E S E, diserzione ad oltranza!

barese a Milano

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda barese a Milano » mar mar 23, 2010 12:28


Questo topic è il trionfo dei copia ed incolla

:lol:

pako76

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda pako76 » mar mar 23, 2010 12:42


Inutile piangerci addosso

I colpevoli sono fra di noi!

E si perchè se i borboni hanno perso è perchè
una parte dei nostri antenati si sono venduti!

Ed è facile riconoscere ora chi sono i loro discendenti

Avete presente quelli che sono dei pecoroni?
Avete presente i le*****lo?
Bene questi personaggi
sono i diretti discendenti dei loro bisnonni
che hanno tradito il regno delle 2 sicilie

Fiero discendente di briganti
(quelli che oggi sono chiamati terroristi.....)


terroristi.....terroni.....gente che difende e lavora la sua terra
no sporchi schifosi che vanno sulle terre altrui a imporre le proprie leggi!
.....tutte le idee sono buone, purchè non pretendano di imporsi con la forza.

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda BRIGANTE » mar mar 23, 2010 13:19


Orgogliosamente insorgente, ad iniziare dal mio nickname e dall'avatar che mai cambierò! 8)

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda Terrone inside » mar mar 23, 2010 13:24


bariumcaputmundi ha scritto:
Perché l’industria al nord ha conosciuto una notevole crescita dopo il 1860, ed il sud un' Emigrazione titanica mai avvenuta nei secoli precedenti?


Perchè dopo anni ancora la questione meridionale è ancora viva?

non è la fame ma è l'ignoranza che uccide

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Re: TERRONI,COSI' CI FECE LA VIOLENZA UNITARIA

Messaggioda Napoletanosimpatizza » mar mar 23, 2010 13:35


addirittura napoli che era la prima città italiana ad avere la ferrovia, era una città industriale, non solo rubarono il tesoro dei borboni ma smantellarono pure le fabbriche e le portarono al nord...

GARIBALDI SE LO SAPEVAMO CHE L'UNITA' CI FACEVA COSì MALE...STAI SICURO CHE A MARSALA TI RIBUTTAVAMO A MARE!
Siccome si dice che il Napoli Ruba. da oggi annoto nella mia firma i torti fatti e subiti dal napoli.

29 agosto Firenze. Il goal del Napoli non c'era.
13 settembre rigore non fischiato su cavani
22 settembre.rigore non fischiato su lavezzi. assist di pellisier col braccio per il goal di vantaggio.

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